100 domeniche: la banca fallisce ma albanese tragico fa centro

Accade ad alcuni attori comici di interpretare magnificamente parti tragiche: Jim Carrey in The Truman Show, Robin Williams ne L’attimo fuggente, Steve Carrell in Foxcatcher – Una storia americana. Antonio Albanese è uno di questi: conosciuto sul terreno del cabaret per le glorie di Epifanio, Alex Drastico, Frengo, Cetto La Qualunque, ha sperimentato sul grande schermo varie gradazioni di tenerezza e serietà, arrivando con Cento domeniche, appena passato alla festa del cinema di Roma, al suo ruolo più drammatico. Un film di intensa umanità che riguarda una questione che purtroppo ha coinvolto migliaia di italiani: il crack delle piccole banche che hanno rovinato risparmiatori spesso inconsapevoli.
La vita di Antonio Riva (Antonio Albanese) è fatta di poche e semplici cose: le chiacchiere con gli amici e le bocce di cui è campione nei tornei locali con un giovane compagno di lavoro (Martin Chishimba). E il lavoro naturalmente, anche se Antonio è da poco andato in pensione e non riesce a staccarsi dal tornio di cui è maestro nel cantiere nautico di Olginate, un paese in provincia di Lecco dove l’attore è nato davvero. Antonio ha una vita sentimentale piuttosto disordinata, perché riempie il letto dell’amata quando il marito di lei è in viaggio, ma compensa con altri affetti solidi: l’anziana madre (Giulia Lazzarini), di cui si prende cura, l’ex moglie Margherita (Sandra Ceccarelli), la figlia Emilia (Liliana Bottone, peccato per quello strascico di romanesco).
La figlia un giorno gli dà la gioia più grande, annunciando di volersi sposare. Fin da quando Emilia è piccola, papà e figlia fanno le prove verso l’altare e Antonio è fiero finalmente di poter offrire il ricevimento che da tradizione spetta al padre della sposa. Anche per questo ha risparmiato una vita, come molti suoi compaesani, che si sono costruiti con quei risparmi la casa in cento domeniche. Ma quando Antonio va in banca si accorge che le obbligazioni, su cui ha investito, si sono trasformate in azioni, anche se non ricorda come. E il nuovo direttore di filiale lo invita a sottoscrivere un contratto ancora diverso. Riva lo fa, non ha ragione di non fidarsi: i commessi dell’istituto di credito li vede tutti i giorni al supermercato e non potrebbero mai trasformarsi in truffatori. Man mano che i giorni passano, i dipendenti della banca diventano sempre più sfuggenti e il direttore cambia di continuo. Antonio scaccia i cattivi pensieri fino a quando, perdendo tutto, oltre al danno economico viene travolto da un sentimento di vergogna per la propria naïvité.
La sceneggiatura – scritta dallo stesso Albanese e Piero Guerrera – percorre coerentemente l’escalation che trasforma un uomo “qualunque” nel protagonista di una tragedia surreale. Albanese è un eccellente attore tragico, rafforzato dal passato teatrale che condivide con alcuni attori di Cento domeniche: Giulia Lazzarini, già eccellente interprete strehleriana, nel ruolo della madre svagata ma vigile quando vede il figlio progressivamente affossarsi. Bebo Storti, recentemente anche in Esterno notte di Marco Bellocchio, amico e uomo della provincia di buono e cattivo senso. Ed Elio De Capitani, che continua sul grande schermo la scia del magnate d’industria, come l’aveva voluto Nanni Moretti nel Caimano: padre, padrone, cinicamente egoista. Peccato per la brava Federica Fracassi, relegata in una parte minore. Albanese fa così propria la lezione della televisione e del cinema inglesi che utilizzano spesso (anche per le serie) attori di teatro. Un’ottima pratica anche se naturalmente l’abilità teatrale non deve essere un’esclusiva. Abbiamo bravissimi interpreti del grande schermo, che il pubblico ama riconoscere al cinema (e su questo spesso le produzioni marciano, tarpando le ali a volti differenti).
La regia – Albanese ne ha fatte altre quattro, Uomo d’acqua dolce, La fame e la sete, Il nostro matrimonio è in crisi, Contromano –, rimane un poco scolastica, tranne che per il bell’incipit inframmezzato ai titoli di testa. Ma la questione civile è affrontata coraggiosamente. Lo avevano fatto su questa questione in pochi: Andrea Molaioli con Il gioiellino sulla Parmalat e Alessandro Rossetto con The italian banker, ispirato al crack delle banche venete. Lo spettatore che cerca la risata dall’Albanese-Alex Drastico forse rimarrà deluso, ma tornerà a casa con una bella lezione civile.
3 stelle su 5