A Sidney Sibilia piacciono le imprese fantomatiche, come specchi grotteschi dei mali che affliggono l’Italia. Nato a Salerno nel 1981, conosce per questioni anagrafiche il futuro a fiato corto che il nostro Paese riserva ai giovani, soprattutto e per paradosso a chi ha un titolo di studio avanzato.
Così con Valerio Attanasio, dopo una serie di corti e grazie forse all’esperienza da regista pubblicitario, sviluppa un senso dell’iperbole tutta sua e scrive la sceneggiatura di Smetto quando voglio, che quando arriva sugli schermi nel 2014 fa sussultare l’ormai esangue mondo della commedia all’italiana. Con dialoghi veloci, freschi e pieni di ritmo il film racconta la storia di un gruppo di ricercatori, borsisti e assegnisti universitari che mettono in piedi un traffico di sostanze stupefacenti per campare, nascondendo accuratamente laurea e specializzazione, ma utilizzandone di fatto le conoscenze a fini malavitosi. Sibilia squaderna una serie di attori che in quelle vesti scoppiettano (Edoardo Leo, Stefano Fresi, Valeria Solarino, Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, solo per nominarne alcuni), dirigendoli con grande abilità. Il boom al botteghino del 2014 si ripete con Smetto quando voglio – Masterclass agli inizi del 2017 e poi a ruota, a novembre dello stesso anno, con Smetto quando voglio – Ad honorem.
Esaurita la saga, Sibilia si cimenta con realtà border line, vicende imprenditoriali che hanno del miracoloso, tra la naïveté freak e l’anarchia. Così nel 2020 gira L’incredibile storia de L’Isola delle Rose che narra l’epopea socio-giuridica della piattaforma artificiale creata dall’ingegnere Giorgio Rosa al largo della costa adriatica, divenuta micronazione. Un cast specialissimo tra Elio Germano, Matilda De Angelis, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti, che però non olia il film. Sibilia perde l’abbrivio sornione e affilato degli inizi, forse schiacciato dalla responsabilità di avere alle spalle il colosso Netflix, che predispone una campagna stampa in pompa magna con tanto di gadget, dal modellino dell’isola ai cocktail a tema. Anche in questo Sibilia è antesignano, affidando la distribuzione direttamente alla piattaforma, quando tutti la guardano con un po’ di snobismo.
Con Mixed by Erry, dal 22 giugno su Netflix (prodotto da Groenlandia, la casa di produzione fondata dal regista stesso con Matteo Rovere nel 2014), Sibilia si infila in un binario vicino a quello d’esordio. C’è una vicenda rocambolesca, un loser, Enrico/Erry Frattasio, un sognatore aspirante dj nella Napoli dei vasci, che non ha il phisique du role per suonare nei locali. Dal negozio di Forcella, dove spaccia cassette doppiate, inanella la “rivincita del nerd” e scala assieme ai fratelli le vette dell’industria discografica nazionale. La vicenda non è catalogabile solo sotto l’etichetta (è il caso di dirlo) dello “strano ma vero”, perché di fatto diventa un caso di studio che costringe il legislatore a creare una normativa ad hoc, quella contro la pirateria, parola che è nata proprio in virtù del commercio dei Frattasio. In più, la rete capillarissima di distribuzione parallela cambia anche i costumi della città, distraendo manodopera dal contrabbando di sigarette. Erry influisce poi sulla modalità di ascolto, perché nello spazio lasciato “libero” dall’album doppiato, suggerisce brani compatibili favorendo una sorta di impollinazione musicale (come l’algoritmo oggi): a chi ascolta i Duran Duran associa gli Spandau Ballet, a chi ama Joe Cocker copia Zucchero.
Sibilia ama Napoli, non la sfrutta, ne valorizza l’umanità vivissima che si arrabatta quasi puerilmente, senza dare alla camorra nessuna investitura positiva nemmeno coreografica. La delinquenza è usata come necessità ineluttabile (per ottenere i primi finanziamenti non ricorrono certo alla banca) e la bizzarra interpretazione delle regole che inizia già con i commerci del padre è quasi una deriva della città fedele solo a sé stessa. Emerge una cartolina degli anni 70 e 80 molto verosimile nei colori seppiati che producono in chi ha vissuto quel periodo un dolce amarcord. Sibilia, che è cresciuto con le cassette di Mixed by Erry, crea grandi scene corali molto complicate (come quella dello scudetto di Maradona), ma la maggior parte delle riprese sono a mezza figura per favorire i dialoghi che devono spiegare i complicati sviluppi di trama e dei traffici, che arrivano fino alla falsificazione del falso. Bravi i giovani attori che interpretano i Frattasio: Giuseppe Arena (Peppe), Luigi D’Oriano (Enrico ) e Emanuele Palumbo (Angelo), accanto ai più rodati Gifuni e Di Leva. Due ore scarse assai godibili, tra pop e una strizzatina d’occhio a Nino D’Angelo. Ora c’è da chiedersi chi piraterà il film di Sibilia.
3 stelle su 5
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Sydney Sibilia
Mixed by Erry
Netflix, dal 22 giugno
Cristina Battocletti