Divanazioni: “Close” è uno dei film più belli della stagione

Recentemente, «Internazionale» (19/25 maggio) ha dedicato la copertina all’inchiesta sugli adolescenti pubblicata da «FT Weekend» con il titolo Cosa significa essere un maschio di 11 anni oggi, una riflessione sul condizionamento di social, influencer e YouTube, in cui il mito della “fluidità” appare minato da violenza, misoginia e omofobia. Soprattutto di questo parla il bellissimo film di Lukas Dhont, Close, che ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes nel 2022. I protagonisti Léo (Eden Dambrine) e Rémi (Gustav de Waele) hanno 13 anni e vivono in un contesto rurale e francofono, adagiandosi come fibre nella Natura. Sono ancora impuberi, scherzano con la fisicità dei cuccioli di animale privi di malizia. Avvertono l’uno per l’altro il sentimento che ciascun bambino o bambina prova per il suo migliore amico, un amore assoluto, quasi un derivato materno, non scindibile dal proprio essere, che li fa crescere in virtù dello specchio che è l’altro.
Ma, arrivati nella nuova scuola, Léo e Rémi vengono in contatto con le codificazioni sessuali, fintamente libertarie dei preadolescenti. Una compagna chiede ai due amici se formano una coppia e mentre Rémi la guarda con indifferenza, Léo è sconvolto e offeso da quell’insinuazione (o verità inconsapevole). A nulla vale la sua replica, che anche le ragazze si prendono per mano e appoggiano la testa l’una sulla spalla dell’altra. Non è la stessa cosa, gli viene risposto. Tra i due, Léo è quello più fragile, per cui l’accettazione collettiva conta più dell’amicizia. Comincia allora a evadere dal rapporto stretto, close, con Rémi, a dimostrare di essere nei comportamenti, nelle abitudini e negli sport il maschio che tutti si aspettano che sia. Rémi non comprende. Dentro di lui urla la rabbia verso gli stereotipi sociali, l’inquadramento forzato da cui solo l’infanzia (e non sempre) può essere sollevata. Rémi metterà in atto una reazione furibonda che non ha nulla a vedere con l’amore tradito o la sessualità (anche se non la esclude): è piuttosto una protesta estrema nei confronti di uno schema di vita che lo ripugna. Close è un film delicato e cruento assieme con primi piani che stanno addosso alle emozioni dei due ragazzini indimenticabili. Dhont non è estraneo a queste indagini, come nel precedente Girl, che osservava la mutazione di un ragazzino in attesa di diventare donna. La storia da cui parte Close è meno straordinaria ma altrettanto sconvolgente. I tanti piani americani che tagliano le gambe ai protagonisti forse ci avvertono, come «Internazionale» e «FT», che ai nostri ragazzi dobbiamo prestare un’attenzione speciale.
5 stelle
Lukas Dhont
Close
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