Berlino 70: Un minuto di silenzio all’inaugurazione per le vittime di Hanau

Si inizia con «My Salinger Year» con Sigourney Weaver sul mondo dell’editoria. Il presidente Irons si spende a favore delle donne e dei matrimoni gay

Un minuto di silenzio per ricordare le vittime della strage di Hanau. Così è iniziata la 70esima edizione della Berlinale, la prima firmata dall’italiano Carlo Chatrian. «Con grande sgomento e dolore la Berlinale ha appreso del fatale attacco di ieri ad Hanau. La nostra più profonda vicinanza va alle vittime e ai loro familiari», ha scritto in una nota la direzione del festival.
Un altro riverbero di cronaca lo ha poi portato Jeremy Irons, presidente della Giuria del Concorso, in cui figura anche il nostro Luca Marinelli: «Supporto le donne e i matrimoni omosessuali», ha dichiarato l’attore inglese, approfittando della conferenza di presentazione della kermesse tedesca per precisare alcune sue posizioni emerse nel passato.
In un’intervista del 2011 l’attore aveva infatti dichiarato di considerare come un gesto amichevole il palpeggiamento di una donna da parte di un uomo e aveva espresso posizioni vicine alla Chiesa sull’aborto e sulle unioni omosessuali.
Dal punto di vista strettamente cinematografico la Berlinale ha invece inaugurato l’edizione con un film garbato, elegante (soprattutto nei costumi), dedicato al mondo della letteratura, «My Salinger year» di Philippe Falardeau. Il regista franco canadese si era fatto conoscere con «Monsieur Lazhar», premiato dal pubblico di Locarno nel 2011 e nominato nella rosa degli Oscar come migliore film straniero. Il film aveva avuto gran successo di critica e si era imposto al botteghino con 9,1 milioni di dollari.
«My Salinger year», basato sul romanzo autobiografico di Joanna Rakoff, pubblicato in Italia da Neri Pozza nel 2015 con il titolo «Un anno con Salinger», ha la delicatezza di «Monsieur Lazhar», ma certamente toni meno drammatici.
Racconta la storia di un’aspirante poetessa, Joanna Rakoff (Margaret Qualley), arrivata a New York in visita a un’amica da Berkely, dove vive con il fidanzato Karl (Hamza Haq). Presto il soggiorno si fa più lungo e la Grande Mela si trasforma nella potenziale rampa di lancio per il suo futuro. Joanna cerca lavoro e lo cerca più vicino possibile alla scrittura: per questo la cacciatrice di teste, cui si rivolge, la indirizza nella più grande agenzia letteraria americana, retta da Margaret (Sigourney Weaver).


Nell’agenzia, che rappresenta mostri sacri come F.Scott Fitzgerald, Agatha Christie e Dylan Thomas, Joanna ha lo specifico compito di seguire uno dei suoi autori di punta, J. D. Salinger, idolatrato autore de «Il giovane Holden» (1951).
Margaret non sa che Joanna scrive poesie e soprattutto non sospetta che non abbia mai letto un libro dello scrittore che cura. Per lei Joanna è una segretaria e non manca mai di ricordarglielo. Non deve quindi avere iniziative proprie, non deve mai chiamare Salinger, detto Jerry, e non deve mai rispondere alle tante lettere degli ammiratori, anzi, deve distruggerle. Ma Joanna non riesce a trattenersi, dà la sua opinione, si propone di diventare una selezionatrice di manoscritti, si propone di rispondere alle decine di lettere di fan di Salinger . Ma deve rimanere inchiodata alla sua scrivania e alla sua macchina da scrivere, nonostante negli anni Novanta, epoca in cui è ambientata la pellicola, siano apparsi i computer. Margaret non vuole aprire le porte alla digitalizzazione, convinta che finirà per uccidere l’editoria.
Nel frattempo la vita sentimentale di Joanna evolve: incontra Don (Douglas John Booth), anche lui aspirante letterato. Ma non è tutta una favola: le cose prendono pieghe strane, tutto si ingarbuglia, dal punto di vista professionale e da quello sentimentale, perché Joanna tralascia di seguire il sogno per cui è andata a New York. Le manca il coraggio e la fiducia in se stessa… Fino a che non leggerà finalmente «Il giovane Holden».
Eccellente la statuaria, distaccata, gelida Sigourney Weaver. Brava anche Margaret Qualley, figlia di Andie MacDowell, che, nonostante la bellezza folgorante riesce a rendere la goffaggine giovanile. Dimostra poi belle doti da ballerina qual è nella scena onirica in cui danza con l’ex fidanzato. Qualley era recentemente comparsa in «C’era una volta a Hollywood» di Quentin Tarantino, ma Falardeau l’aveva notata in «Novitiate» (2016) di Maggie Betts, dove interpretava una giovane ragazza che voleva diventare suora.
«My Salinger year» è un film delicato con un punto di vista fortemente femminile, in cui a contare è ancora la parola e il libro come oggetto, nell’era di un internet ancora alle prime armi. Un sorso di passato prossimo, dove sognare era più facile. Avrà un buon futuro di audience.
E ora si attende «Volevo solo nascondermi» di Giorgio Diritti.