Mike Leigh applaudito timidamente a Cannes per il suo biopic su William Turner. “Non vi sono riferimenti autobiografici”

 Grugnisce Mike Leigh alla conferenza stampa per la presentazione del suo “Mr Turner”, secondo film in concorso alla 67esima edizione del festival del cinema di Cannes, applaudito debolmente dalla stampa. E’ la risposta scherzosa alla domanda se vi siano riferimenti autobiografici nell’opera dedicata alla figura del grande pittore vedutista britannico, vissuto tra il 1700 e il 1800. E’ il verso con cui spesso si esprime l’attore feticcio di Leigh, Timothy Spall, mentre impersona il pittore: “Grugnire è il segno di chi reprime qualche cosa, lui era un introverso”.

 

Legittimo interrogarsi sulla vicinanza del soggetto al regista, visto che Leigh- anche sceneggiatore e autore dei dialoghi in cui traspare tutta la sua ironia corrosiva british – normalmente punta la macchina da presa sui dolori della gente comune, come in “Segreti e bugie” (1996)

 

e “Il segreto di Vera Drake” (2004). 

 

Il regista britannico questa volta sceglie di narrare parte della vita di un personaggio illustre, al culmine della sua celebrità, nella sua ritrosia alla mondanità, nelle sue fragilità e insicurezze. Il rapporto tenerissimo con il padre; l’insensibilità che dimostra con la fantesca che cede innamorata alle sue bramosie; la mancanza di cure nei confronti delle figlie avute da un ex moglie irosa, che piomba a casa come una disgrazia; un amore senile tenerissimo con la proprietaria di un albergo sulla costa. Ma soprattutto la devozione totale per la pittura, il suo immergersi nella natura che ritrae con colori cupi o accesi, che vuole subire con i suoi occhi, come quando si fa legare all’albero di una nave succube di una tempesta di neve. “Sento un’empatia verso il personaggio, ma non mi identifico. In fondo è un lavoro di ricerca molto simile a quella di “Topsy-Turvy””, film che in italiano venne distribuito sotto il titolo di “Sotto-Sopra” (1999), che riprende Gilbert e Sullivan, i due più grandi autori di opera comica dell'Inghilterra vittoriana durante la creazione del loro capolavoro “The Mikado”. “Turner è stato un grande artista – spiega Leigh – un pittore radicale e rivoluzionario. Ha fatto un lavoro epico, grazie alla sua incredibile capacità di distillare la spiritualità del mondo attraverso le immagini. Gli altri pittori dipingono quello che vedevano, lui andava oltre il cielo, metteva l’esperienza nei suoi quadri, la morte e la vita”.

Grandissima l’interpretazione di Spall nel rendere i comportamenti di un orso visionario e geniale: “Questo progetto è nato tre anni fa e io per mesi mi sono allenato per capire quali fossero le posture e le tecniche di pittura che dovevo riprodurre. Era una figura sociopatologica, abitata da conflitti strani. Aveva un grande amore nel cuore che non sapeva come esprimere, finendo per essere brutale”.

Il film è un continuum di quadri, grazie alla meravigliosa fotografia di Dick Pope, che a lungo “ha fatto ricerche sui colori e sulle tavolozze che usava Turner”. Non sono stati presi a riferimentiodei quadri particolari “ma i colori e le situazioni sono venute a galla da sole, dopo mesi e mesi di ricerca, come entrati nel sangue e nella psiche, assorbiti nell’inconscio”, ha spiegato Leigh. Tuttavia il film, seppur bello, non conquista, quanto i personaggi malandati, ubriaconi e vigliacchi dei suoi film passati.