Di Cristina Battocletti
Si è spento all’età di 84 anni nella sua casa milanese senza sapere cosa fosse il cinismo, Bruno Ambrosi, giornalista RAI di lungo corso. Un ossimoro visto che Ambrosi ha fatto la storia del giornalismo, seguendo i casi più importanti di cronaca e non solo: dall’incidente aereo che fece finire un’epoca con la morte di Enrico Mattei, al disastro del Vajont, alla nube di diossina che invase Seveso. Era un precursore: il 3 gennaio del 1954 fece nascere il primo telegiornale Rai proprio a Milano, quando la tivù era un mezzo di cui non si intuivano pienamente le potenzialità e che lui ha saputo coltivare invece in una sede distaccata rispetto alla radio, quasi fosse un carbonaro.
Con la sua voce pacata, l’eleganza nei modi, la professionalità che copriva il patimento dettato dall’animo sensibile nell’assistere alla disperazione. Nato a Pontremoli, nella lunigiana, aveva conservato la sorpresa per le cose nuove. Soprattutto la voglia di trasmettere, di formare, di spronare da Presidente gli allievi dell’Istituto Formazione al Giornalismo, Walter Tobagi, di cui chi scrive è stata allieva, e poi quelli dei corsi universitari milanesi in giornalismo. Ma ai giovani non sapeva solo insegnare, li seguiva, apriva la sua casa, piena di vecchi meravigliosi giocattoli e di barche, perché Bruno non aveva mai perso il fanciullo migliore che spesso si spegne negli anni. Venerdì sarebbe dovuto partire per il suo rifugio di Levanto con la moglie, Michela Dazzi, che lo accudito fino all’ultimo, sentinella amorevolissima nel tentativo di chetare qualunque spasmo di dolore che il cancro gli provocava negli ultimi tempi. Bruno soffriva ma non ha mai perso il senso dell’ironia: “Non mi hanno dato la data di scadenza”, “Mi preparo al gran finale”, diceva annunciando la sua malattia. E non smetteva di tener d’occhio la situazione politica, lui compagno della prima ora, fiero di esserlo, anche quando la parola “comunista” era diventata un epiteto da cui difendersi. Lascia il rimpianto di averlo visto troppo poco, e un gran vuoto ai nipoti, alla moglie Michela, alla figlia Valentina, e alle figlie di Michela, Zita e Carlotta, che lo amavano, ricambiate, come un padre. Addio Bruno, uomo pieno di entusiasmo, di affetto e di grande signorilità.