Una collezione di corti interpretati dai nostri Leonardo Di Costanzo a Vincenzo Marra, assieme a Jean-Luc Godard e molti altri
5milioni e 900mila persone uccise, 240mila mandate a morte o imprigionate per indisciplina, ribellione o diserzione. Sono i numeri che scorrono alla fine del cortometraggio di Leonardo di Costanzo, già autore del bellissimo “L’intervallo”. Di Costanzo assieme a un altro italiano, Vincenzo Marra, fa parte della squadra incaricata di comporre un affresco, “I ponti di Sarajevo”, passato oggi fuori concorso al festival di Cannes, per celebrare il centenario dell’inizio della Grande Guerra. Si sono cimentati in questo difficile tema nomi importanti del cinema internazionale da Aida Begic, a Jean-Luc Godard, Kamen Kalev, Isild Le Besco, Sergei Loznitsa, Ursula Meier, Vladimir Perisic, Cristi Puiu, Marc Recha, Angela Schanelec, Teresa Villaverde (l’elenco è in ordine alfabetico).
Ognuno poteva affrontare la questione come desiderava: la prima è stata Angela Schanelec che ha sceneggiato la scintilla del conflitto, ovvero l’uccisione a Sarajevo per mano di Gavrilo Princip dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, erede al trono dell’Impero austro-ungarico, insieme a sua moglie, la Duchessa Sofia il 28 giugno del 1914. Vladimir Perisic ha voluto raccontare attraverso le voci e i volti dei ragazzi di oggi la spinta panjugoslava che aveva portato i rivoltosi a cercare l’indipendenza dall’impero austroungarico.
Di Costanzo ha raccontato la morte di tanti signor nessuno mandati sotto il fuoco di un cecchino a prendere posizione negli avamposti del conflitto: carne da macello, mal equipaggiata, mal comandata, mal armata, che moriva con gran facilità o rimaneva orrendamente mutilata. Furono proprio i mutilati, tornati dalla guerra senza poter più prendere il posto che avevano nella quotidianità, dimenticati dalla società, anzi rifiutati, a ingrossare la fila degli scontenti che avrebbero aderito al fascio, mettendosi nella deriva della seconda Guerra mondiale. E proprio con una svastica inizia il frammento di film, diretto da Jean-Luc Godard, che ripercorre con le immagini sgranate, con dipinti e frasi apodittiche difficilmente decifrabili il senso tragico della nostra storia dal Secolo Breve a oggi. Dalla donna urlante di pazzia che si aggira con un neonato in braccio, al volto di uomo ormai senza vita sovrastato da un sussurro: “Non pagare!”, “Non pagare!”.
Il curatore artistico della pellicola, Michel Frodon, ha spiegato perché Sarajevo, presa a emblema del conflitto: “E’ il luogo dove secondo molti è iniziato il Novecento e il teatro dell'ultima guerra del secolo scorso diviene spunto e ispirazione libera della creatività dei registi che si inoltrano in temi e suggestioni che travalicano il ruolo della città bosniaca”
Il film è coprodotto da diversi paesi: Francia, Bosnia, Svizzera, Germania, Portogallo, e Italia, con Mir Cinematografica con Rai Cinema e il sostegno della Trentino Film Commission, Mibac-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e la Fondazione Cassa Rurale Di Trento. La collezione dei corti, dopo la presentazione al Festival di Cannes, andrà a giugno a Sarajevo, in apertura dell'evento "Sarajevo nel Cuore d'Europa" che apre la rivisitazione del centenario dello scoppio della Grande Guerra.