“Madonna” della regista Shin Su-won si è aggiudicato il premio del pubblico e il premio come miglior film della sezione “Orizzonti” del 14/esimo Florence Korea Film Fest, appena conclusasi a Firenze. Il film racconta la storia di un anziano facoltoso, da un decennio tenuto in vita dalle macchine in una clinica di lusso coreana, il cui figlio, dopo una crisi cardiaca, è in cerca un cuore nuovo da trapiantare il più in fretta possibile e quindi illegalmente. La scelta cade sul corpo di una prostituta incinta, che non avendo parenti non sarà reclamato. Il tutto con l’appoggio di un staff di infermiere che si trova a gestire non solo le necessità sanitarie, ma anche quelle fisico/erotiche dei pazienti.
“Madonna” è un film bello e coraggioso. Riesce a trattare tre temi molto difficili -traffico d’organi, emarginazione sociale, questione femminile – senza essere altisonante. Shin Su-won, classe 1967, è una delle poche registe coreane che si sono fatte conoscere sulla scena internazionale. Al suo terzo lungometraggio, arrivata al cinema all’età di 34 anni, è già approdata a festival importanti come quello di Berlino, mentre “Madonna” è stato presentato l’anno scorso al festival di Cannes nella sezione “Un certain regard”.
Incontriamo Shin Su-won in uno dei meravigliosi salottini liberty dello storico cinema fiorentino Odeon
Che reazioni ha riscosso “Madonna” in Corea?
Per lo più negative, soprattutto per il fatto che la protagonista Mina (So-Hyeon Kwon), soprannominata Madonna, è gravida di un figlio nato da una relazione extraconiugale. Non è una reazione moralista, né religiosa (la maggioranza della popolazione è protestante, n.d.r.). Semplicemente le nuove generazioni hanno pensato che il film sminuisse la coscienza femminista, che reclama l’aborto se la donna viene violentata.
Come è la condizione femminile in Corea? E’ uno dei pochi Paesi ad avere un presidente donna, Park Geun-hye.
Bassa, anche se è una nazione economicamente molto sviluppata e il fatto che ci sia una presidentessa donna non cambia le cose. La cultura macho è dilagante.
Il film ha preso spunto da un fatto di cronaca?
Lo spunto è nato da un adesivo che ho trovato sulle pareti di un bagno pubblico. C’era scritto “Compro un rene”, e seguiva numero di telefono. Non l’ho chiamato, ho avuto paura. Avevo poi sentito di una casa di riposo in Corea dove facevano trapianti illegali d’organi e una giornalista, dopo aver visto il film, me lo ha confermato.
Madonna è un film di denuncia sociale. Come è strutturata la società coreana?
In Corea si dice che solo il 3% della popolazione possa permettersi scuole buone, i figli dei dirigenti di grosse aziende come Hyunday e Samsung. Se le scuole sono buone anche il lavoro sarà buono. Il welfare sta andando a rotoli. I giovani dicono di loro stessi che sono la “Generazione delle tre rinunce” perché per mancanza di soldi rinunciano a far nascere un bambino, al matrimonio e a comprare la casa. Non trovano posto fisso, possono ambire al massimo a un contratto di sei mesi e poi vengono licenziati.
A proposito di ragazzi, lei nel 2013 ha girato un film molto discusso e premiato al festival di Bausan sulla competizione sfrenata tra i ragazzi della scuola
È un film estremo ma i ragazzi hanno riconosciuto la loro esperienza. Molti dopo la proiezione piangevano. Ho scelto come set una scuola privata che seleziona gli studenti in maniera feroce, con tasse annuali altissime, a cui può accedere solo la parte più ricca della popolazione. Solo una piccola fetta è destinata ai meritevoli con un reddito basso. Il suicidio giovanile in Corea per impossibilità di affrontare lo stress da competizione scolastico si è abbassato alle scuole elementari. Quando sono entrata io ci preparavamo all’università dal liceo, ora dalle prime classi. È una società che ha come ideale il Gangnam style di quella canzone diventata un tormentone qualche tempo fa. Gangnam è il quartiere più esclusivo di Seul, dove ci sono le scuole migliori.
Quanto la sua esperienza da insegnante le è servita per scrivere questo film?
Per un periodo ho lavorato in una di queste scuole di lusso, se davo brutti voti arrivavano i genitori a protestare che rovinavo i ragazzi, facendo loro precipitare la media, e poi contestavano il fatto che non fossi in grado di insegnare. Gli altri docenti volevano che io giustificassi i voti e non l’ho fatto. In Corea anche gli insegnanti hanno una pagella. Suppongo che la mia sia stata terribile.
Cosa pensa della nuova corrente cinematografica coreana che ha come capostipiti Kim Ki-duk e Park chan wook
È un’ondata di rinnovamento. Prima di loro i film in Corea erano tutti uguali. Entrambi ottengono molti investimenti, cosa che per me è invece un vero problema. In Corea al botteghino funzionano solo i film di azione, thriller, storici rivisitati e e block buster. I ragazzi di 20 e 30 anni poi non vanno al cinema. La maggior parte guarda i film sul telefonino.