Ritratto di un amore libero: a colloquio con Céline Sciamma. “Ritratto di una giovane donna in fiamme” nella sale da oggi

Ispirandosi a «Titanic», la regista racconta una passione al femminile nel Settecento. «Non credo alle quote rosa, la creatività non ha genere»

Siamo in Francia alla fine del XVIII secolo ed Héloïse (Adèle Haenel), rampolla di una famiglia aristocratica, è appena uscita dal convento per finire all’altare senza conoscere il marito. Nonostante viva nel secolo dei Lumi, da donna, ha un solo modo per sottrarsi al suo destino: rifiutarsi di posare per un dipinto da mandare a Milano al futuro sposo. Héloïse agisce come una Penelope rediviva che rende impossibile il lavoro dell’artista e imbratta irrimediabilmente l’opera quando riesce a ultimarla. Céline Sciamma continua con Ritratto della giovane donna in fiamme, nelle sale dal 19 dicembre per Lucky Red, la sua indagine sulla consapevolezza dei sentimenti e dei diritti femminili. Lo ha già fatto con Naissance des pieuvres (2007), ritratto di una passione gay adolescenziale, con il sorprendente Tomboy (2011) su una ragazzina che, complice il trasloco, si finge un maschio, e Diamante nero, in cui una giovane delle banlieue sopravvive all’atteggiamento maschilista del suo quartiere appoggiandosi a una banda di sole donne.


È la prima volta che la regista francese di origini italiane, aperta sostenitrice dei diritti LGBT, si cimenta fuori dalla contemporaneità. «Volevo calarmi in un contesto che mi concedesse di essere più coraggiosa, audace, scoperta, senza cambiare il percorso della mia riflessione. Il salto indietro paradossalmente mi ha consentito una flessibilità maggiore. In fondo, anche quando ho girato nella Parigi dei nostri giorni, dovevo ricorrere allo studio. I miei film sono luoghi mentali che io disegno nei minimi particolari: la ricostruzione è sempre ambigua perché l’artificio è presente ma è nascosto». Héloïse, che è interpretata dalla compagna della regista già protagonista del suo film d’esordio, ha tendenze autolesionistiche, per cui sua madre, la Contessa (Valeria Golino), le affianca una dama di compagnia, Marianne (Noémie Merlant), che in realtà è una pittrice di talento, che studia Héloïse e la ritrae di nascosto, dipingendo a memoria.
Ma le due giovani inaspettatamente si innamorano: «Volevo scrutare attraverso la macchina da presa ogni stadio del processo di innamoramento tra due persone: il fiorire di una pulsione, la frustrazione dell’inazione, la sorpresa della reciprocità. Volevo registrare la maturazione di un sentimento fisico e intellettuale, di attrazione e ammirazione reciproca. Una miscela che Titanic (1997) di James Cameron, cui mi sono ispirata, ha restituito in maniera egregia attraverso un grande flashback tragico: l’amore è perso, ma vive dentro la protagonista , spingendola a emanciparsi». Ritratto ha vinto al festival di Cannes il premio come migliore sceneggiatura, scritta dalla stessa regista, già rodata autrice delle sue opere e di belle pellicole altrui, come Quando hai 17 anni di André Téchiné e il cartone animato La mia vita da Zucchina (2016) di Claude Barras: «L’idea del film è nata cinque anni fa, ma per tre anni non ho potuto scrivere nient’altro che annotazioni. Cercavo la giusta via per rendere sentimenti contraddittori. A un certo punto ho sentito che il tempo era maturo per parlare di donne artiste, rivolgendosi al passato ma pensando al presente, al particolare momento politico che stiamo vivendo. Anche nei secoli scorsi vi erano donne artiste famose e realizzate come Angelica Kauffmann, una ritrattista svizzera vissuta a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, e, grazie anche a lei, erano molte le donne che riuscivano a realizzare una carriera da pittrice.
Poi è venuto il tempo in cui si sono dovute nascondere e poi ancora rialzare. È quello che sta accadendo anche alle donne di oggi. I diritti dei più deboli sono sempre i primi ad essere attaccati da nazionalismi, fascismi, patriottismi, che sono di gran moda oggi. Le prime a essere colpite sono le donne. Sento che sta arrivando il momento del riscatto ed è sempre tardi». Nel film vi è un bell’esempio di solidarietà femminile che unisce l’artista, l’aristocratica e una ragazza della servitù che rimane incinta: «Ero ossessionata dall’idea di restituire, oltre all’anima, anche il corpo delle donne nelle sue manifestazioni esclusivamente femminili, come le mestruazioni e la gravidanza. E la decisione di continuare o meno una maternità. Ho faticato molto a trovare l’idea cinematografica giusta per rendere la pressione che avvertono le donne in questa circostanza». Il tema dell’emancipazione femminile è particolarmente attuale anche nel mondo del cinema e in particolare a Hollywood, dove sembra finita l’era patriarcale e machista dopo il caso Weinstein. Anche in Europa l’obiettivo è quello di raggiungere quota 50/50, ovvero un numero di registi maschi e femmine paritetico, in primo luogo nei concorsi dei festival: «È difficile fare la rivoluzione fino a che l’industria è in mano agli uomini, ma inclusione vuol dire non calcolare matematicamente le quote. La creatività non ha genere e può essere innovativa anche quando il punto di vista è maschile. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche, per esempio, è radicale, nuovo, con una carica erotica che apre le porte a un nuovo modo di liberare la sessualità femminile. È una grande opportunità».

  • Cristina Battocletti |

    Grazie mille! buone letture e visioni!

  • James Wilshere |

    Blog molto interessante. Grazie mille per aver condiviso queste informazioni meravigliose. Lo condividerò con i miei amici con piacere. Ti auguro il meglio!

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