Da oggi nei cinema “Loveless”: bel ritratto di Zvyagintsev dell’infanzia senza amore. L’intervista al regista che prese il Leone d’oro a Venezia per “Il ritorno”

Un albero spoglio con mille dita scheletriche e nere appare dal basso come un re afflitto da una feroce solitudine. È l’inizio di Loveless , nei cinema dal 6 dicembre, di Andrey Zvyagintsev. Il regista russo conosce bene la Natura desolata: è nato a Novosibirsk, in Siberia; più vicino alla Mongolia che ai campanili a cipolla e alle vetrine di Mosca. I suoi film mostrano laghi deserti, montagne aspre e boschi rachitici ( Il ritorno, Leone d’oro a Venezia nel 2003, Leviathan , premio per la sceneggiatura a Cannes nel 2014 e miglior film straniero ai Golden Globe del 2015), in cui gli elementi sono severi compagni di viaggio e specchi, nonostante tutto amati, dell’ingiustizia e del dolore che scortano le vite degli uomini. Nelle prime scene di Loveless il greto di un fiume su cui cammina il dodicenne Alyosha (Matvey Novikov) potrebbe essere un serpente d’acqua dentro una foresta e invece è una specie di bolla selvatica nella città.


Alyosha l’attraversa per arrivare a casa: «Questo passaggio non esisteva nella sceneggiatura – racconta Zvyagintsev – , ma assieme alla troupe abbiamo seguito uno stormo di uccelli che si infilava in questa selva e d’un tratto la neve ha cominciato a scendere, mentre il ghiaccio rendeva l’atmosfera incantata. Non sapevo come avrei utilizzato queste immagini; scherzavo dicendo che avremmo potuto venderle alla Bbc per un documentario». La Natura cristallizzata è il prologo per introdurre all’opposto una famiglia in disfacimento: Zhenya (Maryana Spivak) e Boris (Aleksey Rozin) stanno per divorziare e litigano per la custodia del figlio Alyosha. Nessuno lo vuole. Il ragazzino, nascosto in bagno al buio, ascolta l’alterco scosso da una violenta crisi di pianto silenziosa. Si veste, scende le scale del condominio e sparisce. «La scomparsa del figlio è il riflesso della catastrofe interiore che consuma il padre e la madre, costringendoli a fare i conti con la propria condotta. Fino ad allora non erano consci dei propri sentimenti, nemmeno di ciò che provavano per il bambino. È molto difficile tracciare la linea di demarcazione dell’amore. Zhenya a un certo punto confessa al marito di non averlo mai amato, ma in realtà verbalizza il suo disperato tentativo di capire il motivo per cui è arrivata a una svolta così drammatica della sua esistenza. Si accorge di essere stata ingannata dalla rabbia, di voler ritrovare il figlio e salvarlo. Io mi chiedo se ci sia più verità nelle nostre parole o nelle nostre azioni. La madre dichiara di voler mandare il bambino in collegio, ma al momento di farlo non credo sarebbe stata in grado di abbandonarlo. E se il ragazzo non avesse udito la conversazione tra i genitori la sua storia sarebbe stata differente». È facile collegare Loveless – che ha vinto il premio della Giuria al festival di Cannes ed è candidato agli Oscar come miglior film straniero per la Russia – a Scene da un matrimonio (1973) di Ingmar Bergman in chiave contemporanea. Zvyagintsev aveva raccontato il rapporto difficile tra genitori e figli già ne Il ritorno, in cui due adolescenti si trovano ad affrontare una vacanza con il padre che non vedevano da dodici anni. I ragazzi sorprendono il genitore mentre dorme e vedono in lui uno sconosciuto che il regista ci mostra disteso come il Cristo morto del Mantegna, riassumendo e anticipando le sue sofferenze passate e venture. Una durezza che su un altro fronte Zvyagintsev aveva espresso nei confronti dello strapotere dell’oligarchia russa in Leviathan, in cui un meccanico si vede espropriato della propria casa sul Mare di Barents per soddisfare gli interessi di clero e politica (anche qui vi è un dissidio con il figlio adolescente, Roman).

In un’intervista al «The Guardian» del novembre 2014 il regista aveva affermato che vivere in Russia è paragonabile all’attraversamento di un campo minato: «Non stavo parlando di me, ma della situazione in generale: avverto che nel mio Paese la gente non si sente protetta e quando si scontra con i poteri forti c’è la percezione che il tribunale decida a favore di questi ultimi. C’è una sorta di mancanza di fiducia nel governo e nelle istituzioni e non credo che le cose siano cambiate». Emblematica anche in Loveless una delle inquadrature finali in cui Zhenya corre su un tapis roulant con una felpa in cui è impressa in caratteri maiuscoli la scritta «RUSSIA»: la neve comincia di nuovo a cadere e le forze della donna si fiaccano.
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