Cinema in mostra al Mic fino al 28 aprile: a me gli occhi e la tua anima bambina

Alla Cineteca di Milano tra manifesti, realtà aumentata e altri giochi, la metamorfosi che il cinema compì sugli spettacoli di fachiri, forzuti e illusionisti. Come quel genio di Georges Méliès
A me gli occhi si intitola la mostra, della Cineteca Milano, fino al 28 aprile al MIC – Museo interattivo del cinema. Ma io aggiungerei una variante: A me la tua anima bambina. La mia si è persa definitivamente nel doppiare, in asincrono per mia inettitudine rispetto al labiale, Igor (Martin Feldman) mentre dialoga con Dr. Frederick Frankenstein (Gene Wilder) nello scambio di battute della geniale traduzione di Mario Maldesi «Lupo ululà, castello ululì» in Frankestein Junior. Poi ho continuato gettando dadi sonori sulla faccia luminosa di un parallelepipedo, riproducendo voci e suoni del cinema in bizzarre commistioni. Per esempio, prendendo dalla sezione ritmica una batteria jazz l’ho mischiata con la colonna sonora di Psycho, mentre Nanni Moretti predicava «Continuiamo così, facciamoci del male!» e Tom Hanks gli ribatteva «Mi chiamo Forrest. Forrest Gump», il tutto condito con gridolini di paura e risate spettrali.
Ma facciamo un passo indietro, anzi, scendiamo di un piano, dove la mostra ha il suo inizio e, nel mio caso, con il privilegio della guida di Matteo Pavesi, direttore della Cineteca più antica d’Italia, nata ufficialmente nel 1947, ma clandestinamente nel 1935 durante il ventennio fascista e che è arrivata a custodire più di 40mila pellicole. Maghi, forzuti, illusionisti, fachiri e cinema è il sottotitolo dell’esposizione che ci porta indietro di cent’anni, quando la Settima arte era del tutto ancillare rispetto agli spettacoli dal vivo di circensi, medium, fenomeni corpulenti da quintale. Il think tank della Cineteca è partito dalla collezione storica di 15mila manifesti, che venivano depositati nella prefettura di Milano negli anni 20 e 30, di per sé già meravigliosi, in cui vengono alla luce palinsesti ibridi. Da qui si capisce che i filmati, brevi, venivano alla fine di tutto, non solo dopo le prodezze di personaggi iconici del tempo, come Polidor, conosciuto anche come Tontolini, o il lottatore greco-romano Giovanni Raicevich. Ma anche dopo mangiafuoco, uomini torcia, elefanti ballerini, ciclisti aerei, chiromanti e prestidigitatori.
Pian piano però il cinema ha capovolto la situazione perché il grande schermo garantiva all’artista un pubblico molto più vasto. Il primo a capirlo fu l’illusionista Georges Méliès, che trasformò con il suo genio il mondo di celluloide in regni fantastici attraverso il montaggio, gli effetti speciali e la colorazione delle singole scene. Di Méliès la Cineteca conserva alcuni preziosissimi disegni preparatori, schizzi – che ha concesso in esclusiva al Sole 24 Ore – appunti e programmi, restaurati per l’occasione, che inquadrati da un iPad consegnato all’entrata, si animano delle donne-petalo del ventaglio di Le merveilleux éventail vivant (1903). Ma la realtà aumentata interviene anche sui manifesti di Polidor (e di molti altri), che si convertì al cinema divenendo l’antesignano dello slapstick, nonché l’amatissimo interprete di Fellini, per cui fu il monaco ne Le notti di Cabiria (1957), il clown ne La dolce vita (1960) e (1963) e il vecchio attore quasi cieco in Toby Dammit (1968). Anche Giovanni Raicevich, “l’uomo più forte del mondo”, invece di rotolare infinitamente nelle arene del Paese diventò il Maciste dell’omonima serie di grande successo. Il cinema non si accontentò però di assoldare gli artisti e cambiare l’immaginario collettivo, ma rivoluzionò le strutture dei teatri che erano di fatto dei circhi in muratura e di trasformarle in antri bui per accogliere la luminescenza misteriosa dei proiettori. La carrellata onirica di A me gli occhi parte sì dalle origini, esponendo manifesti, foto, film portati a nuova vita dai tre laboratori di restauro della Cineteca di Milano: quello storico dei film, il MicLab, quello della fotografia e quello del restauro della carta in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera. Ma è popolato anche da ombre cinesi, wunderkammer, lanterne magiche settecentesche, Polyorami panottici, visori stereoscopici del XVIII secolo, libri antichi di magie e stregonerie, quiz con slot machine fatte di spezzoni di film da allineare, occhiali per il VR, postazioni di videogiochi, una panchina in cui si può abbracciare Charlie Chaplin a grandezza reale. E naturalmente pellicole restaurate e contemporanee di registi che hanno costellato la propria filmografia di mentalisti e fattucchiere, Woody Allen su tutti.
Nel fine settimana (o nelle feste) al Mic sbarcano gli spettacoli di magia. Chi scrive si mangia le mani per essersi persa il mago Silvan (di cui c’è in mostra la terribile scatola seziona donne). In compenso se ne è andata via con una polaroid che la ritrae con ET mentre sta per essere risucchiata da un Ufo. Ma si può posare anche con l’Uomo ragno e Silvan. Sim Salabim!
A me gli occhi
Maghi, forzuti, illusionisti, fachiri e cinema
Milano, Mic
cinetecamilano.it
Fino al 28 aprile