Divanazioni: Ecco “Tetris” per capire gli anni Ottanta

Non c’è niente di più adatto del grande schermo per godersi un film, subire il suo fascino e la sua ipnosi. Dalla pandemia però le piattaforme hanno creato una libreria davvero invidiabile con cui costruirsi una cultura cinematografica di tutto rispetto. Il problema è trovare la strada. Quando ne La profezia dell’armadillo di Zerocalcare ho capito che non capitava solo a me di iniziare decine di film per poi finire la serata esausta senza aver visto nulla, ho pensato che ci poteva essere un modo in cui aiutare lo spettatore schiacciato dalla mole delle infinite possibilità.
Così “Divanazioni” indica
1) i bei film passati nelle sale per un tempo troppo ristretto e che sono finalmente
disponibili sulle piattaforme
2) i film vecchi di un regista che ha ttualmente  un bel film in sala
3) e infine i film nati solo per le piattaforme.
Buone divanazioni allora! Ecco il primo suggerimento, pubblicato sul Domenicale il 23 aprile
Divanazioni è il nuovo spazio
dedicato ai film fruibili
sulla piattaforma
Cristina Battocletti
Giochi pericolosi nella guerra fredda
«Tetris» racconta la storia culturale e industriale di uno dei più noti videogame, in un intrigo internazionale che prende vita in Urss. Thriller e spy story, è un’analisi sugli anni 80 e le radici dell’era digitale. Con un grande Egerton
C’è voluto del tempo, anzi parecchio come direbbe Enzo Jannacci, per raccontare in maniera cinematograficamente acuta gli anni 80, al di là della gente vestita come se dovesse infilarsi in palestra e fatti salvi i capolavori dei maestri che fotografavano la loro contemporaneità. Negli ultimi anni, oltre al peso massimo del formidabile Argentina 1985 di Santiago Mitre (su Amazon Prime Video), dal lato più frivolo, ma non per questo meno politico, vista la centralità del superfluo in quegli anni, c’è Tetris di Jon S. Baird (su Apple TV+). È interessante spiegare l’era del fluo e del pop, che segnò la fine dell’impegno politico collettivo, attraverso il dirompente individualismo (che avrà poi strada lunga nei social) di un videogioco che si può portare in una tasca.
Basato su una storia vera, il film racconta la nascita e la rocambolesca commercializzazione di uno dei videogiochi più famosi al mondo, il Tetris, appunto, un puzzle elettronico in cui il giocatore, al computer, deve spingere una serie di forme geometriche colorate adattandole uniformemente senza lasciare vuoti. Apparentemente banale ma in realtà sfidante, stregò un pubblico vastissimo ipnotizzato in una specie di partita a scacchi contro il computer. Henk Rogers (Taron Egerton), un giovane imprenditore nato in Olanda, ma cresciuto in America e residente in Giappone, abbastanza nerd da intuire la capacità di guadagno stellare del prodotto, decide di investire tutti i suoi averi, compresa la casa in Giappone, dopo aver provato a smanettare in una di quelle postazioni a grandezza d’uomo, tipo slot machine, in una fiera di Las Vegas nel 1988. Il problema è capire a chi appartengono i diritti, visto che in Giappone, primo Paese in cui si muove per acquistarli, nessuno li possiede. L’inventore del gioco è il russo Alexey Pajitnov (Nikita Efremov), che lo ha creato per puro diletto, diffondendolo tra amici, che a loro volta lo hanno inoltrato a conoscenti in una rete senza confini che fa passare indenne Tetris attraverso la Cortina di Ferro.
Rogers si precipita in Unione Sovietica e qui il film diventa un thriller che trasporta lo spettatore nella Guerra Fredda con lo scontro tra ideologie comunista/capitalista. Nell’Urss la proprietà intellettuale individuale non esiste: Rogers deve negoziare direttamente con le autorità sovietiche e, nello stesso tempo, dribblare insidiosi rivali, tra pionieri della digitalizzazione, spregiudicati tycoon e grandi aziende leader del settore. Un intrigo internazionale che vede scontrarsi all’interno un Kgb corrotto, funzionari fedeli alla patria e giovani che sperano in un cambiamento.
Tetris è cinema-cinema, scattante e rétro nello stesso tempo: da una parte, i colori seppiati, i completi beige da banker e le camice fiorate born in USA. Dall’altra, il muscolarismo russo alla “Ti spiezzo in due” di Ivan Drago con la fotografia di interni che trasudano tristezza. In mezzo, gli stacchetti con schermate da videogioco (e annesse infernali musichette in stile cosacco) per spiegare la fitta trama degli spostamenti. In questa spy story dai tratti anche sentimentali (della vicenda personal-familiare di Rogers si poteva fare a meno), c’è sottesa la voglia di indagare sulle radici dell’era tecnologica.
Alla Berlinale, pochi mesi fa, era in concorso BlackBerry di Matt Johnson sulla nascita del telefono palmare, che ha visto proprio in quel videogioco portatile un suo antenato. O Social network (2010) di David Fincher sulla creazione di Facebook. In fondo, Antonioni e Rosi avevano fatto lo stesso negli anni 60 e 70 con la rivoluzione industriale del Dopoguerra (Deserto rosso, ambientato sullo sfondo del colosso petrolchimico di Ravenna, o Il caso Mattei sulla promessa di un’autonomia energetica). Certo, paragoni impropri: lì si parla di capolavori, qui di un film godibilissimo, ma non privo di un’analisi sociologica (anche sulle ideologie tramontate), con due assi nella manica. Sono il regista e l’attore principale, entrambi a loro agio nei biopic. Jon S. Baird, che ci aveva sorpresi con l’intramontabile duo comico di Stanlio & Ollio, e Taron Egerton, quello che Elton John ha scelto per interpretare sé stesso in Rocketman, facendogli vincere il Golden Globe come miglior attore. Un film di genere con i baffi e non solo sotto il naso di Egerton/Rogers.
4 stelle
Tetris
Jon S. Baird
Apple tv +