“Le invisibili” è Full Monty tra le senza tetto

Come fiere lumache, ogni giorno le protagoniste de Le invisibili di Louis-Julien Petit trascinano con sé dal centro diurno Envol al dormitorio notturno di una Francia imprecisata carrellini della spesa, valigie obsolete, borse plastificate cariche di vestiti, fotografie, ricordi. Il portamento femminile l’hanno lasciato a chi non ha pesi da scarrozzare quotidianamente, la loro pelle è ispessita dal freddo, i vestiti improntati alla praticità. Ma ci sono lussi per cui sono disposte a fare chilometri: la doccia calda e gli asciugamani puliti, che Audrey (Audrey Lamy), Manu (Corinne Masiero) e Angélique (Déborah Lukumuena), assistenti sociali del centro, porgono loro con lo sguardo incerto tra un’inflessibilità di facciata per mantenere l’ordine e la voglia di ridere delle battute salaci che le loro ospiti si lanciano nelle schermaglie consuete. Perché la strada omologa la qualità della vita, ma non crea un codice comune comportamentale; ciascuna continua a mantenere in maniera ferrea le abitudini con cui è cresciuta. Così la signora con il velo rigetta i preservativi, distribuiti per prevenire le malattie sessuali, e anche le altre tengono strette le proprie tradizioni religiose e regionali. Si abbandonano a umori razzisti, primitivi e a volte brutali, imparati in una vita senza fronzoli. Le invettive, spesso gratuite, non risparmiano nemmeno una volontaria come Hélène (Noémie Lvosky), che trova la sua ragione di essere al centro, nel momento in cui il suo matrimonio cade a pezzi.


Queste ragazze senza fissa dimora, sempre pronte alla battuta, come alla rissa, sono dirette, ma disposte a mentire pur di non allontanarsi dal calore, fintamente ruvido, di Audrey, Manu e Angélique. Preferiscono essere invisibili, dimenticare il loro nome, facendosi chiamare Lady D, Edith Piaf, Brigitte Macron. E non per mancanza di orgoglio, palpabile e forte: il destino ha tolto loro gli agi, ma non la dignità. Si nascondono per proteggersi. All’addiaccio, sulla strada sono più esposte a violenze, rapine, stupri, angherie. Lo racconta il libro Sur la route des invisibles di Claire Lajeunie, che ha collaborato alla sceneggiatura, scritta dal regista con Marion Doussot. Il saggio, diventato anche documentario a firma di Lajeunie per France5 (Femmes Invisibles -Survivre à la rue), è un intreccio di ritratti nati da lunghi incontri con le donne senza fissa dimora, che sono il 40 per cento della popolazione dei senza tetto francesi. Un’inchiesta condotta sul campo, cui il regista, classe 1983, inglese di nascita, ma francese di formazione, risponde costruendo un film alla Full Monty, pieno di ironia e privo di sguardo pietistico. Tra le invisibili rientrano anche le assistenti sociali, divise tra la voglia di essere vicine alle loro assistite e la rigidità della legge, la cui ratio è quella di non mettere le “ragazze” nelle condizioni di appoggiarsi e quindi di reinserirsi. La storia de Le invisibili si innesca sulla decisione del Comune di chiudere l’Envol e sulla reazione tormentata di Audrey e Manu, che decidono di aggirare e infrangere la normativa per trovare un lavoro alle l oro ragazze. La trama è di finzione ma psicologia e situazioni sono fortemente realistiche. Petit ha scelto bene le sue interpreti: Audrey Lamy (Il truffacuori di Pascal Chaumeil, 2010, Polisse di Maïwenn, 2011) ha una mimica facciale in grado di esprimere disperazione e comicità. Corinne Masiero porta su di sé i segni di un’esperienza vera di accattonaggio e droga. Salvata dal teatro e dal cinema (Un sapore di ruggine e ossa di Jacques Audiard, 2012), ha incontrato Petit lavorando nella sua pellicola precedente, Discount (2014), anch’essa storia di solidarietà e di riscatto. Noémie Lvosky è una vecchia conoscenza del cinema francese (Addio mia regina di Benoît Jacquot, 2012, 17 ragazze di Delphine e Muriel Coulin, 2012, I villeggianti di Valeria Bruni Tedeschi, 2018). Déborah Lukumuena è irresistibile come in Divines (2015) di Uda Benyamina, dove ha recitato da esordiente e per cui si è meritata il premio César come migliore interprete non protagonista. E davvero indimenticabili sono le attrici non professioniste che interpretano le ospiti del centro. Il film in Francia è stato campione di incassi, ottenendo 10 milioni di euro al botteghino. Petit ha saputo mescolare lo stile umoristico, asciutto e implacabile delle commedie impegnate di Ken Loach (Piovono pietre, 1993, La parte degli angeli, 2012), al civismo dei fratelli Dardenne, alla melanconia elegante in punta di pellicola. A volte scade nel melò per adattarsi ai toni della commozione. Alcune trovate sono decisamente fantasiose rispetto al vissuto assai vicino alla realtà, senza raggiungere le vette di chi si invola con la scopa sopra il Duomo di Milano. Ma si ride molto e uscendo da casa lo sguardo verso i sacchi a pelo che occupano le gallerie delle grandi città diventa più profondo.
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Cristina Battocletti