“Peterloo” di Mike Leigh è una riflessione sulla democrazia moderna: «Brexit è la situazione politica peggiore per l’Inghilterra da molto tempo»

Peterloo è una crasi, inventata dal giornalista radicale Richard Carlile e da James Wroe del «Manchester Observer», per descrivere il massacro avvenuto a Saint Peter’s Field, a Manchester, il 16 agosto 1819, giorno in cui si doveva celebrare la democrazia e invece si arrivò alla carneficina, sul modello della battaglia di Waterloo di quattro anni prima, costata al Paese migliaia di vite. La grande manifestazione pacifica di duecento anni fa, dove confluirono tra le 60 e le 80mila persone per chiedere il diritto al voto, finì con la carica della cavalleria e dell’esercito armato, quindici vittime e centinaia di feriti (tra i 400 e i 700).Ad essere aggrediti sono uomini, donne e bambini inermi che Mike Leigh descrive in Peterloo, nei cinema dal 21 marzo distribuito da Academy Two, negli accurati preparativi del raduno, nelle incertezze e nelle paure di fronte ai metodi repressivi della polizia segreta in cerca di sediziosi. Ma, nonostante la tensione, la povertà e gli sfinimenti delle guerre napoleoniche, la disoccupazione, le carestie e le restrizioni all’importazione dei cereali, prevale il desiderio di far festa. Il regista – Palma d’oro a Cannes per Segreti e bugie (1996) e Leone d’oro per Il segreto di Vera Drake (2004)- ci mostra la famiglia del giovane soldato Joseph (David Moorst), ammutolito dopo l’esperienza di Waterloo, le donne riformiste vestite a festa, i fanciulli con il cesto della merenda e Henry Hunt (Rory Kinnear), il più atteso degli oratori mentre emargina la frangia dei dimostranti facinorosi, desiderosi di usare le armi.

Altrettanto chirurgicamente Leigh evidenzia i bisticci e i dubbi insorti tra i magistrati, particolarmente avvelenati dopo la sospensione dei diritti dei cittadini in seguito all’attacco pubblico al Principe Reggente. Dopo molti tentennamenti decidono di sedare la rivolta con la forza, mentre il generale Byng, che dovrebbe gestire il malcontento nel Nord dell’Inghilterra, quel giorno si gode le corse dei cavalli e al suo capo, il Duca di Wellington, vincitore di Waterloo, viene riconosciuta la cifra astronomica di 750 mila sterline. «I fatti di Peterloo rappresentano un momento fondamentale nella definizione della democrazia britannica -spiega Leigh, anche autore della sceneggiatura -. Vedo molti punti in comune con l’attuale situazione di crisi politica. Ho iniziato le ricerche quattro anni fa e ogni giorno capivo che quei fatti erano più rilevanti e più significativi per spiegare la contemporaneità, visto che negli ultimi vent’anni ci si chiede continuamente che cosa è successo alle istituzioni democratiche. Non giro mai pellicole per creare polemica o per suggerire un modo di pensare. E questo film non fa eccezione. Alla fine ho lasciato depositare la parte emotiva, l’empatia verso i protagonisti, la rabbia nei confronti delle ingiustizie e ho cercato una rifessione su come realizzare, sostenere e rispettare la democrazia. Ci son persone che governano, che mentono e che combattono; gente che pensa e gente che non pensa. O che nega la verità. Non vendo medicine o soluzioni facili».Gli slogan della politica attuale sembrano suggerire però che questa sia la strategia vincente. «Parto dal presupposto che gli spettatori siano intelligenti quanto me, se non di più. Su queste basi parlo al pubblico attraverso i film in modo sofisticato, perché i fenomeni siano considerati in maniera complessa. Convengo che a volte servirebbe un pugno più veloce e più netto, che suggerisca: “Smetti di pensare questo e pensa quest’altro!”, ma non è il mio genere».Nella pellicola è sottesa una forma di simpatia per il popolo francese e per la rivoluzione del 1789. «Non c’è dubbio. Era gente che credeva nei cambiamenti. Qui in Inghilterra la rivoluzione francese veniva percepita come un’ispirazione o come una minaccia. La classe governante e la monarchia ne erano terrorizzati. Vent’anni dopo la rivoluzione, Londra era piena di rifugiati, scappati da Parigi».Ora invece Londra potrebbe subire un isolamento dopo la Brexit, nonostante il Parlamento abbia votato a maggioranza (per 4 voti) contro l’ipotesi di lasciare la Ue senza un accordo (no deal) e abbia accolto un’”estensione breve” della data dell’uscita prevista per il 29 marzo. «Brexit è la peggiore cosa accaduta alla Gran Bretagna, sotto il profilo storico, da molto tempo a questa parte. È un disastro. Purtroppo è la democrazia che sbaglia. Io penso che la mentalità isolana spieghi molto di questo comportamento separatista. Ai tempi dell’impero, gli inglesi erano molto sicuri di poter dominare il mondo e avevano un forte senso di essere dalla parte del giusto. Nella seconda guerra mondiale questo senso di unità ha avuto la sua massima espressione. Quello della Brexit è stato un voto popolare non informato. È stata inculcata nella gente la xenofobia, la propaganda che paventava una sottomissione a Bruxelles. Un totale nonsense. La gente vi ha creduto a causa delle difficoltà economiche e la Brexit ha vinto con una piccola maggioranza. I vantaggi dell’Inghilterra a restare nell’Unione superano di gran lunga gli svantaggi, assai marginali. L’agricoltura attualmente è in mano a migranti venuti dall’Europa dell’Est, ucraini, romeni, polacchi, perché gli inglesi non farebbero più in ogni caso questi lavori. Il referendum sulla Brexit poteva benissimo essere evitato, ma Cameron era così sicuro che non sarebbe passato, che ha voluto toglierselo di mezzo. Anche nel film faccio emergere politici del tutto autoreferenziali e ambiziosi, senza alcuno spessore umano, forze molto pericolose». Per girare Peterloo Mike Leigh è tornato a Manchester, la sua città natale. «È stato interessante esplorare il mondo dove sono cresciuto e mi ha divertito il linguaggio degli attori che venivano dal Nord. Mio padre era un dottore, ma vivevamo in una zona operaia e io andavo a scuola lì, dove ho imparato diverse espressione dialettali che ho infilato nella sceneggiatura. Sono cresciuto a quindici minuti di autobus dal luogo della strage, ma la maggior parte dei miei conoscenti non ne sapeva nulla». Leigh, che ha avuto venticinque nomination e sette vittorie ai Bafta, sedici candidature e due vittorie agli Oscar, ha iniziato in teatro, frequentando la Royal Academy of Dramatic Art a Londra. Da questa sua esperienza sono gemmati oltre venti spettacoli teatrali, che ha scritto e diretto, e una forte influenza sul suo cinema, che sembra a volte svolgersi fra le quinte. In Peterloo è particolarmente evidente nella prima parte del film, quando si parla di riforme. «Non so se sono d’accordo: il cinema per altro verso è teatro. Non faccio film in uno stile documentario, le mie opere sono realistiche, ma non naturalistiche. E quindi in questo senso tutti i miei film sono teatrali».
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