I personaggi memorabili cui ha dato vita Miloš Forman, morto ieri all’età di 86 anni nella sua casa del Connecticut dopo una breve malattia – il paziente ribelle del manicomio, Randle Patrick McMurphy (Jack Nicholson) in Qualcuno volò sul nido del cuculo, il compositore austriaco che rivoluzionò la musica settecentesca, Amadeus Mozart (Tom Hulce), l’eccentrico e anticonformista imprenditore del mondo pornografico, Larry Flynt (Woody Harrelson) -, hanno in comune una vena onirica e beffarda, sulla scia della lezione di Chaplin e Keaton. Ma anche di chi, come Forman, aveva sperimentato la resilienza di fronte ai colpi forti della vita. Nato in Cecoslovacchia nel 1932, Miloš, il cui vero nome era Jan Tomáš, aveva subito la violenza del nazismo, che lo aveva privato dei genitori partigiani, morti ad Auschwitz e Buchenwald, quando non aveva ancora compiuto dieci anni. Allevato dagli zii, fu colpito ancora direttamente dalla Storia nel 1968 a Parigi, dove si trovava per lavoro durante l’invasione della Cecoslovacchia che mise fine alla primavera di Praga. Decise di rimanere in Francia in esilio, dove scrisse con Jean-Claude Carrière la sceneggiatura di Taking Off (1971), vincitore del Grand Prix a Cannes, film che ribaltava gli schemi raccontando di una coppia di genitori alle prese con la rivoluzione dei costumi in luogo della figlia, fuggita di casa.
Decise di emigrare negli Stati Uniti, dove Hollywood dimostrò di saper amare l’amalgama di pazzia tragicomica di cui erano impastati i suoi film, regalando a Forman due Oscar alla regia per Qualcuno volò sul nido del cuculo nel 1976 e Amadeus nel 1985.
Il regista aveva ricambiato stemperando la sua natura autoriale originaria con qualche concessione che permetteva di toccare le corde di un pubblico più vasto. Accadde con il musical contro la guerra in Vietnam Hair (1979), accolto tiepidamente forse perché l’epoca del movimento beat era ampiamente passata e si entrava nello yuppismo. Mantenne sempre però il fil rouge della denuncia sociale sotteso ai primi lavori che diedero linfa alla Nova Vlna, la Nouvelle Vague praghese, dove incontrò il suo sceneggiatore, Ivan Passer. Le prime opere di Forman furono L’asso di picche (1964), con cui vinse il Festival di Locarno, Gli amori di una bionda (1965), Al fuoco, pompieri (1967), satira del sistema burocratico comunista, prodotto tra gli altri da Carlo Ponti.
Forman perfezionò negli anni l’arte di tenere in equilibrio commozione e satira, la cui la massima esplicitazione è Man on the moon (1999) attraverso Jim Carrey nei panni del comico Andy Kaufman. Ebbe sempre una preferenza per i ritratti: nel 1989 girò Valmont, adattamento de Le relazioni pericolose, con le sembianze di un giovanissimo Colin Firth; poi nel 2006 si concentrò ne L’ultimo inquisitore sulla figura di Francisco Goya, uno Stellan Skarsgard alle prese con il prete sostenitore dei metodi di tortura Javier Bardem.
La peculiarità del cinema di Forman risiede anche nel concedere pari forza al protagonista e all’antagonista, come le contrapposizione epiche dei film di John Ford che tanto amava. Riusciva a nobilitare anche gli umori delle viscere più basse, come l’invidia feroce di Salieri (F. Murray Abraham) verso il genio di Mozart e l’opposizione della infermiera Mildred Ratched (Louise Fletcher) a Jack Nicholson. Sia Abraham che Flatcher ricevettero la statuetta per le loro interpretazioni: Qualcuno volo sul nido del cuculo è uno dei tre film nella storia del cinema con Accadde una notte di Frank Capra e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme ad aver vinto tutti e cinque gli Oscar principali (miglior film, miglior regista, miglior attore, miglior attrice, migliore sceneggiatura non originale).
L’ultimo progetto lo avrebbe fatto tornare in Europa: Il fantasma di Monaco, scritto dall’amico ed ex presidente della repubblica Vaclav Havel, sulla conferenza e l’accordo di Monaco che nel 1938 decisero l’annessione dei Sudeti alla Germania nazista. Chissà chi avrebbe impersonato Hitler e quale altra intrigante veste Forman avrebbe dato al suo nemico.