Il maestro siberiano paragona Napoleone a Hilter e incita il vecchio continente a reagire con durezza all’estremismo islamico
“La società europea ha le forze per resistere al male, ma è così molle da affondare volontariamente, credendo che non accadrà mai nulla. L’incapacità di individuare il pericolo in tempo è un chiaro segno della crisi della cultura umanistica che attraversa anche la politica”. Aleksandr Sokurov non altera mai la voce pastosa, senza polveri, chiara come il suo appello al vecchio continente a proteggersi dalle aberrazioni del fondamentalismo islamico. In Francofonia – nelle sale dal 17 dicembre distribuito da Academy Two – il regista russo mostra una nave – l’Europa – salpata con i suoi capolavori tra i marosi dell’oceano con la fiducia ingenua di chi è illanguidito dalla bellezza prodotta nei secoli.
Nella pellicola, presentata a Venezia alla scorsa Mostra del cinema, il maestro siberiano entra al Louvre – come aveva già fatto all’Hermitage in Arca Russa (2002), regalando uno dei piani sequenza più lunghi della storia del cinema – e riprende con indugio quasi pietoso i particolari delle grandi opere: La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, L’incoronazione di Napoleone di Jacques-Louis David, La zattera della Medusa di Théodore Géricault, il sorriso beffardo della Gioconda di Leonardo Da Vinci. Dettagli inquadrati quasi con nostalgia, con lo struggimento con cui abbiamo guardato le foto sui quotidiani delle vittime del terrorismo dell’Isis all’indomani della strage di Parigi del 13 novembre. “E’ in corso una guerra religiosa, che crea le divisioni più profonde e distruttive, perché i postulati sono formulati da una “persona” non interpellabile, con cui non è possibile alcuna discussione. Ma nel mirino ci sono le nostre vite e non dei simboli. La guerra, la morte sono di nuovo in agguato.
Il sentimento religioso è personale, intimo, tenero, caldo, profondo. Cosa c’entra questo con le crociate, con l’Isis? Invece di chiedere ai servizi di sicurezza europei di compiere uno sforzo enorme ed irrealizzabile – ci saranno sempre delle falle, le stragi possono accadere ovunque – bisogna regolare le migrazioni e ostacolare la miscela di culture difficilmente accostabili”.
Sokurov ha i lineamenti del viso saldi, gli occhi come fessure, lo sguardo partigiano, consapevole di esserlo, senza il timore di acuire lo scontro di civiltà, vero obiettivo dell’Isis.
“I reportage sull’accoglienza a Vienna dei profughi venuti dal Medio Oriente nel settembre scorso hanno generato in me pensieri veramente angoscianti. Mi sono chiesto: chi sono questi fuggiaschi cui i viennesi hanno applaudito e prostrato le braccia? Ho guardato attentamente: la maggior parte di loro era composta da uomini giovani, la forza della nazione, fuggita dai Paesi d’origine abbandonando le famiglie. Noi tutti speriamo e confidiamo che il vecchio mondo sia saggio nel gestire questa emergenza, perché commetterebbe un errore gravissimo presumendo di poter risolvere i problemi del mondo arabo. L’accoglienza è un nuovo colonialismo, più perfido stavolta, e più pericoloso, perché permettendo a popoli di svuotare interi territori, alimentiamo una specie di parassitismo, a volte esibito addirittura orgogliosamente. Molti giovani migranti dimostrano una totale indifferenza per il benessere europeo costruito con sofferenze e sacrifici. E’ nostro dovere accogliere donne e bambini, sfamarli, ma ipotizziamo che possa accadere l’inverso: che ci sia un problema in Europa e trentenni sani cerchino rifugio nel mondo arabo. Che accoglienza troverebbero?”.
Nell’Ottocento e Novecento, però, anche i nostri uomini lasciavano le case in cerca di fortuna oltreoceano. “Era sempre un movimento dentro al mondo cristiano, in cui le masse avevano come valori comuni principi etici concreti. Ora si tratta di introdurre nel nostro modo di pensare valori opposti. Perché l’islam non è una religione, ma un’ideologia che purtroppo consiste in un sistema di divieti categorici e di crudelissime punizioni per chi non li rispetta. La religione oggi non è più una dimensione etica, ma un ultimatum politico e la fede è un partito. Noi in Russia lo sappiamo bene, perché abbiamo come osservatorio privilegiato la Cecenia, in cui ancora al giorno d’oggi la condizione della donna è tale che un fratello può uccidere una sorella. Quanto abbiamo ostacolato la libertà delle nostre donne in nome della tradizione e quanto abbiamo speso poi per emanciparle, per dar loro dei diritti civili? Dobbiamo di nuovo rinunciarvi? Gli omicidi politici più clamorosi in Russia negli ultimi dieci anni sono stati commessi dai ceceni con la motivazione “Allah mi ha guidato”. Covando il pericolo in casa, abbiamo sviluppato l’abitudine ad agire con prontezza e durezza”.
Un affresco non lontano da quello dipinto da Michel Houellebecq in Sottomissione (Bompiani, 2015) e di 2084 di Boualem Sansal – edito in Francia da Gallimard e in Italia il prossimo anno da Neri Pozza – in cui lo scrittore algerino immagina il dominio di una teocrazia, basata sul corano, molto simile a 1984 di George Orwell. “Se succedesse qualcosa all’Italia, per me sarebbe una tragedia personale perché il vostro Paese è una parte della mia vita. Il carattere italiano, la sua cultura e l’arte sono una mia proprietà personale, ho diritto a usufruirne. Non si tratta di un valore forgiato dalla religione, ma dalla civiltà del vecchio mondo, che è stata creata non solo dal cristianesimo, ma anche dall’ateismo, dalla scienza, dai nostri artisti, dalle nostre vite”.
In Francofonia l’Europa è una Nike di Samotracia, senza testa, con le ali ancora in desiderio di levarsi, ma pronte a essere impacchettate e trasferite altrove. Fusoliere con la svastica passano sopra il cielo ingiallito di Parigi, un uomo con i baffetti, le galosce e i calzoni gonfi da cavallerizzo, Hitler, rimira ciò che è diventato suo. “Chi vorrebbe una Francia senza Louvre o una Russia senza Hermitage?”, chiede la voce fuori campo di Sokurov nel ricostruire l’imprevedibile alleanza tra l’allora direttore del Louvre, Jacques Jaujard, e il conte nazista Franz Wolff Metternich, che cercò di impedire il trasloco delle opere a Berlino. “Quando mi chiedono cosa penso dell’uccisione di Khaled al-Asaad, direttore del sito archeologico di Palmira in Siria, che non rivelò dove erano custoditi i tesori, rispondo che è uno strazio, ma vorrei controbattere con una domanda: il blocco militare nordoccidentale pensa di reagire o non vuole spiegazzare la divisa ben stirata? E’ inutile che l’Europa si aspetti la guerra con la Russia, non succederà mai. Mentre la Francia combatteva il bolscevismo non si è accorta di avere il nazismo in casa”.
Nel film Marianna, icona della libertà francese, corre tra i corridoi del museo sussurrando “Liberté, Égalité, Fraternité”, ma Sokurov ironizza: “Suvvia Marianna”, come a sottolineare che il modello di democrazia europea è fallito. “Sì – conferma il regista – come da noi in Unione Sovietica c’è stata la disfatta dell’idea di socialismo, anche se gli utopisti andavano nella giusta direzione nel ricercare un equilibrio tra necessità fisiologiche e spirituali”.
La Francia in Francofonia è comunque un modello positivo di bellezza e intraprendenza. Non così Napoleone che ripete a ogni piè sospinto «C’est moi!». “Migliaia di persone sono morte a causa sua in Russia e in Europa. Paradossalmente la storia ammorbidisce tutto con il passare degli anni e Napoleone viene considerato uno dei padri della storia, mentre è un assassino triviale, banalissimo. A me ricorda molto Hitler e temo che tra qualche secolo anche il führer sarà considerato uno statista che ha risollevato la Germania, sviluppando le arti e l’industria”.
Sokurov ha ragionato ampiamente sui totalitarismi, con la sua trilogia del potere: Moloch su Hitler, Taurus su Stalin, Il sole, sull’imperatore giapponese Hirohito; che diventa tetralogia sul male a tutto tondo se si include Faust, con cui vinse il Leone d’oro nel 2011, il cui protagonista non è storico ma letterario, sull’impronta di Goethe e Mann.
“La crisi dell’Europa è iniziata con la prima guerra mondiale ed è proseguita con il secondo conflitto mondiale. Questo tentennare, la debolezza e la clemenza davanti alle forze che ci minacciano è un altro segno di questo profondo smarrimento. Se i politici europei di oggi – e conosciamo i loro nomi – non si rendono conto o trascurano la realtà di questa minaccia, allora i loro nomi comporranno l’elenco concreto di persone che hanno rovinato il nostro nido, la nostra civiltà. Le nostre vite.”
(si ringrazia Aliona Shumakova per la traduzione)