Addio a Claudia Cardinale, corrucciata e indimenticabile

Era spesso corrucciata e gli occhi fiammanti glielo permettevano. Ma sapeva essere anche sfrontata nella risata e malinconica di una tristezza contraddetta dalla sensualità del corpo. Claudia Cardinale, morta martedì a 87 anni in Francia dove risiedeva da anni, ha segnato una cesura nel nostro cinema. Dopo le maggiorate Sophia Loren e Gina Lollobrigida, offrì alla macchina da presa l’alternativa di una figura sinuosa ma non abbondante, che si prestava all’autorialità e le permetteva duttilità nei ruoli. Di lei conserviamo frammenti incrollabili nella memoria: Angelica capricciosa e strafottente ne Il Gattopardo, accanto ad Alain Delon; la coriacea Jill McBain in C’era una volta il West di Sergio Leone, accanto a Henry Fonda, Jason Robards e Charles Bronson. Ma anche la comica complice giocosa di Peter Sellers e David Niven ne La Pantera Rosa di Blake Edward, o la Molly stralunata per osmosi nella coppia con Klaus Kinski di Fitzcarraldo di Herzog.
«È bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, solare», sono le parole che le riserva Guido-Mastroianni in 8 e ½, sicuramente scritte da Fellini, Flaiano, Pinelli e Rondi, autori della sceneggiatura, pensando a lei. Non a caso nel film che vinse l’Oscar Cardinale mantenne il nome di battesimo nelle vesti di donna salvifica che rispondeva a domande esistenziali con la sua voce roca e argentina, doppiata nei primi tempi perché il suo italiano zoppicava. Si sentiva italiana, infatti, per onorare la memoria del padre e della madre siciliani d’origine, ma era nata a Tunisi nel 1938 e parlava come prima lingua il francese.

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L’approccio al cinema fu la partecipazione a un cortometraggio del 1956 di René Vautier, Les Anneaux d’or, sul tema dell’indipendenza economica e sociale del Paese, che vinse a Berlino l’Orso d’argento. Da lì il salto con I giorni dell’amore di Jacques Baratier con Omar Sharif. Sarebbe stato facile prevedere un decollo artistico, ma l’attrice, invece, cadde in depressione anche a causa di uno stupro. A salvarla fu Franco Cristaldi, Presidente dei Produttori e fondatore della allora potentissima Vides, mettendola nelle mani di Monicelli per I soliti ignoti. Cristaldi fu anche partner e marito di Cardinale e crebbe il figlio nato dallo stupro, Patrick, che inizialmente l’attrice faceva passare per suo fratello.

Oltre a Visconti (che gli regalò anche la parte di Ginetta nel testoriano Rocco e i suoi fratelli), Leone e Fellini, la vollero Mauro Bolognini (Il bell’Antonio, La viaccia, Libera, amore mio!) e Valerio Zurlini (La ragazza con la valigia con una strepitosa colonna sonora di canzoni di Celentano, Mina, Peppino di Capri). Il film si inseriva nel filone della sedotta e abbandonata, che fu quello, in versione capovolta, di Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata di Luigi Zampa diventato un cult. Seppe dare voce a molta letteratura, da Luigi Comencini (La ragazza di Bube, La storia), allo sciasciano Il giorno della civetta di Damiano Damiani, a La pelle di Cavani, a Un maledetto imbroglio di Pietro Germi, rielaborazione del Pasticciaccio di Gadda a Senilità. Fu Paolina Bonaparte in Austerlitz e Claretta Petacci in Claretta di Pasquale Squitieri, suo secondo marito e padre della figlia Claudia. Amata anche all’estero, lavorò con de Oliveira, Gance e al fianco di star come John Wayne, Sean Connery, Orson Welles, Burt Lancaster.

Tra i David, i Nastri, i Leoni d’oro, trovava il tempo per la filantropia, il sostegno ad Amnesty , i diritti delle donne e la causa LGBTQ+. Una Fondazione a suo nome aiuta i giovani artisti provenienti da tutto il mondo a farsi strada nel mondo dello spettacolo, come aveva fatto lei