Ci sono naturalmente sangue, fucili, donne velate, povertà, ma soprattutto ironia, coraggio, sapienza, cultura, arte, pari opportunità al Middle East Now dal 5 al 10 aprile a Firenze, e al festival del cinema africano, d’Asia e America Latina, dal 4 al 10 aprile a Milano. Due rassegne che scombicchierano, grazie al cinema, gli stereotipi e i pregiudizi sulle parti del mondo che ci immaginiamo quasi solo incendiate e depresse. Il Middle East now rende omaggio a Yesim Ustaglu, regista turca di 55 anni che ha ribaltato il luogo comune sui legami tra curdi e turchi con Journey to the sun (1999). Oltre a questa pellicola, che racconta la difficile amicizia tra un curdo e un turco, verranno proiettati anche Pandora’s Box che prende spunto dalla demenza senile di una matriarca turca per fare i conti con nodi familiari e storici irrisolti (2008) e Araf (2012), una specie di Winter sleep di Nuri Bilge Ceylan (la neve, la montagna, la macchina da presa calma) in chiave giovanile, di disagio e devianza.
Tra le oltre 40 pellicole che raccontano questa parte infiammata della terra, da Beirut arriva il documentario A Made for Each di Maher Abi Samra sul mercato delle domestiche straniere in Libano e dall’Iran Starless Dreams di Mehrdad Oskouei, documentario girato all’interno di un carcere femminile minorile, e realizzato dopo cinque anni di attesa per ottenere i permessi. Provocatorie, o meglio, canzonatorie della nostra superbia occidentale, sono le foto di [re-]Mixing Hollywood, realizzate dai fotografi Omar Victor Diop e Antoine Tempé ed esposte alla mostra Designing Africa 3.0 nell’ambito della XXVI edizione del Festival del cinema africano. Tra di esse, c’è una vénus noire al posto di Audrey Hepburn in una Colazione da Tiffany rivisitata, come a suggerire che l’Africa può essere raffinata non solo nelle sue tele batik, ma anche civettuola e superflua nei rasi hollywoodiani. Poiché da anni il festival dall’Africa si è esteso anche all’Asia e all’America Latina, arriva il grande sperimentatore Kim Ki-duk con un film girato e montato da solo, a budget bassissimo, intitolato Stop sugli effetti collaterali di Fukushima.
Si ride con l’altro maestro orientale, Takeshi Kitano, che porta la commedia Ryuzo e i sette compari: protagonisti sono sette pensionati della mafia giapponese yakuza, decisi a rispolverare le arti criminali. Da vedere, Rosa Chumbe del cino-peruviano Jonatan Relayze Chiang: un intenso poliziottesco ambientato a Lima con una donna, vittima del gioco d’azzardo, come protagonista.
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