A 40 anni dalla morte di P.P.P. (2 novembre 1975) la sua “folle intimità” friulana
Nella casa materna di Casarsa iniziò a comporre poesie, sul Tagliamento il primo amore, Bruno A Valvasone la scuola
Casarsa
È uno stanzone cui si sale per una scala di legno e un poggiolo esterno, sopra l’antico deposito delle vinacce della distilleria del nonno materno, Meni (Domenico) Colussi, la scintilla da cui nascono le prime poesie e disegni di Pier Paolo Pasolini. I versi in italiano e, timidamente, in friulano vengono raccolti in cartelle che lui chiama «Scartafacci». È l’estate del 1941, Pier Paolo ha 19 anni e lavora nelle «misteriose mattine di Casarsa», cullato dal suono del mondo contadino, un legame unico fatto da versi di animali e dei suoi richiami (Buti buti, viri viri, per le oche) e di dialetto che si sovrappone alle fisionomie contadine. «Esistono parole per comunicare un rapporto fra i colori dei muri affumicati e la radice dei capelli di un ragazzo di Runcis?». Il Basso Friuli è per P.P.P. un Heimat, una patria elettiva dopo Bologna in cui nasce il 5 marzo del 1922, ventre in cui fonde l’amore «eccessivo» per la madre Susanna e quello dei suoi avi, i Colùs. Il loro piccolo epos familiare scaturisce dai racconti della madre; Pier Paolo lo saprà trasformare in letteratura: la cacciata dei turchi nel 1499 che vede protagonista l’avo Zuan (Giovanni) nel dramma postumo I turcs tal Friûl; le peregrinazioni di Centin (Vincenzo) con Napoleone in Russia e di un altro Vincenzo, emigrato in America, ispireranno la sezione I Colùs di La meglio gioventù.
cividale
I protagonisti del Sogno di una cosa – inizialmente chiamato La meglio gioventù, titolo migrato nelle poesie in friulano – transitano per Cividale dove cercano un passeur per sconfinare clandestinamente in Jugoslavia e realizzare il sogno socialista, pentendosene amaramente.
disegni
P.P.P. disegna su carta di cellophane con inchiostro verde e col tubetto dell’ocra su una grossa tela di sacco. Dipinge nel camerone e all’aperto, come un vedutista, campi, stalle e fienili. Dal ’46 al ’48 realizza una serie di autoritratti, il viso in primo piano o l’intera corporatura, interrogativi sulla sua identità.
friulano
I genitori di Pier Paolo, Carlo Alberto, militare di carriera ravennate, e Susanna, maestra, gli parlano in italiano. I Pasolini si spostano molto a causa del lavoro del padre (Bologna, Parma, Conegliano, Belluno – dove tre anni dopo nasce il fratello Guido Alberto -, Belluno, Sacile, Idria e poi ancora Sacile…). Da luglio a settembre, dopo un breve soggiorno a Riccione sono a Casarsa, a casa della madre, dove si parla un dialetto veneto: i Colussi sono una famiglia contadina piccolo-industriale (usano le prime trebbiatrici meccaniche). P.P.P. impara il friulano dai suoi coetanei, mentre alcune parole sono assodate nel lessico familiare. Il Friuli è «un luogo ideale per le mie estetizzanti, mistiche fantasie», scrive e adopera il casarsese, povero e non codificato, contaminandolo soltanto dopo con la koinè friulana. «Fu attraverso il friulano che arrivai a capire un po’ del mondo reale contadino» e proprio con la lenga riesce a dar sfogo finalmente allo spasmo che sente nel cuore: «Mi sento già strappato e remoto, vagare come un’ombra», figlio di quella cultura molto friulana di adesione alla forza impositiva e prepotente della Natura «non fa che violentare i sensi con i massicci, muraglioni di monti contorti nel cielo e negri boschi». P.P.P. avverte un rapporto sensuale e nostalgico con la terra: era perduto «come in una sconfinata intimità che faceva del Friuli la sua folle sede oggettiva». I luoghi rafforzano l’atteggiamento di estenuazione, già presente nella trama sensibilissima e poetica della sua personalità: «Ogni immagine di questa terra… mi viene gettata contro il cuore ferendomi con un dolore quasi fisico». Il tutto ha radici anche nel modo di rapportarsi dei friulani, che ricorrono facilmente ai superlativi per superare la timidezza, la difficoltà di esprimere i sentimenti e la malinconia dovuta all’asperità delle intemperie. La prima poesia è strutturata attorno alla parola rosada (rugiada), pronunciata da un giovane contadino. La seconda è il Nini muàrt (…Jo ti recuardi, Narcìs, ti vèvis il colòur / da la sera, quand li ciampanis / a sùnin di muàrt…). Manda i versi agli amici di «Eredi», la rivista letteraria che vorrebbe fondare con i bolognesi Roberto Roversi, Francesco Leonetti, Luciano Serra, che si leggono vicendevolmente i propri componimenti. P.P.P. pubblica a proprie spese Poesie a Casarsa nel 1942 con l’editore bolognese Mario Landi della Libreria antiquaria e ottiene le recensioni positive di Gianfranco Contini, Giorgio Caproni e Alfonso Gatto. Fonda l’«Academiuta di lenga furlana», dove pubblica anche autori catalani, proponendosi come nuova guida delle lingue romanze e la rivista di poesia «Lo stroligùt», come se fosse una deminutio ironica de «Lo strolic furlan» («Il lunario friulano») della Società filologica friulana.
porzus
Il fratello Guido muore durante la strage di Porzus, il 12 febbraio 1945, per mano dei partigiani comunisti legati a Tito, contro la brigata osovana a cui si è unito in Carnia. Non è presente nel momento dell’imboscata, ma torna indietro per aiutare i suoi compagni. Di lui Pier Paolo dirà: «Non ha potuto sopravvivere al suo entusiasmo. Quel ragazzo è stato di una generosità e di un coraggio, di una innocenza che non posso credere».
rive del tagliamento, del meduna, del pacher, li fondis, risorgive
Accanto a uno specchio d’acqua o sulle prode dei fiumi, soprattutto il Tagliamento («Un torrente enorme, sassoso, candido come uno scheletro») P.P.P. trascorre i pomeriggi estivi, tra nuotate e suggestioni liriche. Ma soprattutto aspetta che Bruno, un contadino rozzo e violento di cui si è innamorato, faccia la sua comparsa e lo porti tra le fronde. Qui ha luogo la sua iniziazione sessuale. Le vicissitudini amorose omosessuali sullo sfondo della Bassa friulana vengono raccontate in Amado Mio e Atti impuri.
Alla freschezza delle risorgive, che separa e congiunge l’Alta e la Bassa friulana, con i fontanili e le rogge, dedica una delle prime poesie, Acque di Casarsa (’41).
sacile
Anni Trenta: Pier Paolo frequenta la scuola media a Sacile. Viene rimandato in italiano perché il suo tema è «troppo poetico e imparaticcio».
san vito
Il 7 gennaio del 1948 a San Vito dopo il grande sciopero contadino della Bassa friulana per l’applicazione del beneficio di guerra (assicurazione dei disoccupati), detto “Lodo De Gasperi” – con occupazione delle ville latifondiste e scaramucce contro la polizia padronale – P.P.P. entra nel Pci e diventa segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, dopo aver dato le dimissioni al Movimento Popolare Friulano, cui in un primo tempo aveva aderito.
serate
P.P.P. passa le serate in compagnia muovendosi in bicicletta, ultramoderna con il cambio, tra Savorgnano, Ligugnana, Gleris, Cordovado, San Vito. Si balla, si suona jaz, si beve.
ramuscello, valvasone
Il 28 gennaio del 1950 il cugino e amico Nico Naldini accompagna P.P.P. e Susanna alla stazione di Casarsa. Prendono un treno alle 5 del mattino per Roma. A metà ottobre del 1949, dopo la sagra di Ramuscello, tre ragazzi, con cui P.P.P. aveva avuto un incontro al buio, litigano tra loro e si rinfacciano l’esperienza. Un paesano li ascolta e fa partire la denuncia ai carabinieri. A metà ottobre P.P.P. è accusato di «Corruzione di Minorenni» e «Atti Osceni in luogo pubblico». La notizia approda sulla stampa nazionale. I genitori della scuola media di Valvasone, dove P.P.P. insegna lettere, firmano un appello perché il professore non venga allontanato dalla scuola. Il Pci lo espelle. Il processo dura anni, prima a San Vito e poi a Pordenone. P.P.P. viene assolto. Gli intellettuali friulani, Elio Bartolini, Sergio Maldini, Nico Naldini e Giuseppe Zigaina gli saranno vicini.
vangeli
La devozione dei friulani durante la guerra si accentua notevolmente, soprattutto nella frequentazione delle funzioni in chiesa. Incuriosito Pier Paolo inizia a leggere i Vangeli, seme originario per uno dei suoi capolavori cinematografici, Il Vangelo secondo Matteo (1964).
versuta
È un borgo di poche case a due chilometri da Casarsa, con al centro una chiesa del Trecento, attraversato da una roggia, la Viersa. P.P.P. vi giunge durante una passeggiata e chiede una stanza in affitto a una giovane donna, Ernesta Bazzana. Inizialmente usata come pensatoio, vi organizza una scuola privata quando Versuta si trasforma in un rifugio durante i bombardamenti. Qui forse ha il presagio di come lo tratterà la sua terra di elezione. Scrive a Serra ai primi di marzo del ’44 durante l’occupazione nazista: «…cammino, dentro il Friuli vuoto e infinito… Vorrei sputare sul monte Rest, lontanissimo, in fondo al Friuli, sul mare Adriatico, invisibile dietro le Basse; e anche sulle facce di questi casarsesi, di questi italiani, di questi cristiani. Tutto puzza di fucilate e di piedi. Che cosa mi lega a questa terra?»
cristinabattocletti.blog.ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA