“Suole di vento” il documentario su Goffredo Fofi che racconta un’epoca

A Torino il film di Pesoli celebra il critico, le sue battaglie sociali, le scoperte cinematografiche e i libri. Gli ultimi, un saggio sul mito di Dean e il «dizionario» delle star
Storia di un ribelle radicale
«Io alla lotta di classe ci credo!», esclama quasi protestando Goffredo Fofi, protagonista del bel documentario di Felice Pesoli, Suole di vento, che ritrae l’attivista e pensatore eugubino (guai a usare la parola intellettuale!) in tutta la sua inetichettabile irregolarità. La veemenza è dovuta alla consapevolezza che quella frase è oggi per i più uno slogan vuoto, mentre per lui, proletario per nascita e francescano per scelta, è stata ed è una fede. Per questo sale e scende in continuazione dai treni a portare la sua filosofia radicale dove lo invitano studenti, comunità, associazioni di qualsiasi tipo, purché libere. Critico letterario e cinematografico, temutissimo per la sua ferocia dai Pasolini, dai Fellini e dagli Antonioni, sostenitore di nuovi talenti, «che poi impallino al tiro al piattello» si prende in giro, è soprattutto critico con la società. Portatore di un pensiero “in movimento”, con cui ha riempito le riviste che ha contribuito a realizzare – «Quaderni rossi», «Quaderni piacentini», «Ombre rosse», «Positif» -, o ha creato – «Linea d’ombra», «Lo straniero», «Gli asini» – e molte pagine di questo giornale, ha raccomandato visioni e letture originali, marginali, disturbanti, sicuramente oppositive al narcisismo di massa, alla cultura dei baroni, contro cui ha fondato l’“università degli asini” per un sapere non convenzionale.
Goffredo Fofi
Il documentario, passato al Torino Film Festival, distribuito da Istituto Luce Cinecittà, è un’intervista per tappe biografiche e geografiche ( le città in cui ha vissuto), attraverso cui si racconta un pezzo di Storia d’Italia. Pesoli lo ritrae nella sua casa romana, mentre passeggia nel rione Monti con il bastone, anche se corre più veloce dei ragazzini. I racconti sono corredati da materiale archivistico ben appaiato, scovato nell’Archivio Audiovisivo Del Movimento Operaio e Democratico, dalla cineteca di Bologna e dalla Casa Delle Visioni. Si parte da Gubbio, dove vive la sua famiglia contadina, così povera che il padre è costretto a emigrare in Germania, da cui fugge quando rischia di essere assoldato dai nazisti. Tornato in Italia, porta il piccolo Goffredo a Roma a visitare le Fosse Ardeatine che l’eccidio è ancora fresco, piantando un seme antifascista nel figlio. Il bambino, rapito da una terribile paura della morte, guarisce andando avanti e indietro dal cimitero come chierichetto. Il cattolicesimo è un punto fermo fino all’adolescenza, da qui la sua simpatia per i preti di strada e gli “ultimi” di padre Turoldo. Gubbio è anche la città dove si innamora del divertimento alla portata di tutti, il cinema, e soprattutto di Macario, Magnani (allora comica) e Totò e grazie a cui mette le fondamenta per teorizzare la grandezza artistica del principe de Curtis, su cui tutti poi lo avrebbero seguito.
Goffredo Fofi
Diplomato maestro, parte per la Sicilia di Danilo Dolci, si occupa dei bambini, mette in pratica gli scioperi alla rovescia, dove si costruiscono strade, scuole, fogne invece di incrociare le braccia, e impara un modello di lotta e di organizzazione diverso da quello della politica. A Roma frequenta poi la scuola olivettiana per assistenti sociali e completa l’ossatura di intellettuale (ahi, di nuovo!) scomodo, pronto ad agire nei luoghi “caldi”. Prima a Torino, davanti ai cancelli della Fiat, poi a Parigi, dove si immerge in un consumo smodato di cinema; arriva quindi nella Milano operaia e nella Napoli della cultura orale e teatrale, passando per la Bologna del fumetto tra Pazienza e Mattotti. Infine, Roma. Molti gli incontri fondanti – Ada Gobetti, Elsa Morante, Carmelo Bene, Grazia Chierchi e Piergiorgio Bellocchio -; molti i libri scritti dall’uomo dalle suole di vento, soprannome che Paul Verlaine usava per Arthur Rimbaud. È fresco di stampa, Il secolo dei giovani e il mito di James Dean, un excursus sulla volontà novecentesca di uccidere gli impeti ribellistici dei ragazzi. In Europa attraverso il macello delle due guerre; negli Stati Uniti, spedendo i giovani in Vietnam e poi tentando di imbonirli attraverso favolette ottimistiche di riscatto dagli slum newyorchesi alla ricchezza. Sono tre attori a squadernarne la retorica (alla Ronald Reagan): Montgomery Clift, Marlon Brando (Fofi ha dedicato un meraviglioso libro all’attore, ripubblicato da Castelvecchi nel 2014, a causa del quale chi scrive ha perso un aereo) e il James Dean de I ribelli senza causa di Nicholas Ray del ’55, che in Italia avrà per titolo Gioventù bruciata. Sono loro a dare negli anni Cinquanta ai coetanei, cui manca una causa comune per cui lottare, un senso di unità e fraternità attraverso un codice comunicativo collettivo, fatto di posture, modi di gesticolare e parlare, per far fronte alla solitudine dei genitori ossessionati dal consumismo. Il libretto è anche una miniera di suggerimenti di registi di cui consumare le filmografie.Come prezioso è Più stelle che in cielo, nella revisione ampliata e riveduta, che scorre la storia del cinema, da Fred Astaire ad Alberto Sordi, da Maria Montez a Lucia Bosé, passando per l’imprescindibile Totò, che si impone a Fofi anche da morto. Nel momento in cui il critico si nega al telefono per l’ennesima presentazione, nella stanza accanto cade il quadro del principe. Fofi corre al telefono per confermare la sua presenza.
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SUOLE DI VENTO, Felice Pesoli, documentario, Italia, 80’
Il secolo dei giovani e il mito di James Dean, Goffredo Fofi, La Nave di Teseo, Milano, pagg.94, € 10
Più stelle che in cieloGoffredo Fofi, Cue Press, Bologna, pagg.216, € 32,99