Migranti sulle note di Schubert: Kornél Mundruczó porta il 5 luglio al Mittelfest la quotidianità dei profughi: «Peggiore degli sbarchi. I populismi creano disumanità»

Coinvolgimento e fascinazione, o, all’opposto, irritazione: questi i sentimenti che suscitano i film di Kornél Mundruczó. Ma anche lo spettatore più contrariato riconosce al regista e sceneggiatore ungherese, classe 1975, una forma di lirismo capace di agitare un magma oscuro interiore, che urta la nostra sottile scorza di esseri umani. Come ha dimostrato l’accoglienza della critica del Festival di Cannes, tradizionalmente snobbish e cinica, pronta a fischiare a ogni sbavatura, che ha premiato come miglior film della sezione “Un Certain Regard” nel 2014 White God – Sinfonia per Hagen, in cui la generosità canina è l’unica linfa di una società distopica.


La successiva pellicola di Mundruczó, Jupiter’s moon, è riuscita a entrare l’anno scorso nelle strette maglie del concorso della Croisette raccontando la storia di una figura miracolosa, quasi cristologica, un migrante ferito mentre attraversa illegalmente il confine ungherese, in grado di svegliare le coscienze di chi gli sta vicino con poteri straordinari.

Il tema della migrazione è affrontato anche nello spettacolo multidisciplinare, Winterreise, ideato e diretto dallo stesso regista, su musiche di Franz Schubert e Hans Zander, ospitato in anteprima nazionale il 5 luglio al Mittelfest, fino al 15 luglio a Cividale del Friuli. La pièce è ideata dal Proton Theatre, la compagnia teatrale indipendente – fondata dallo stesso Mundruczó nel 2009 assieme alla produttrice teatrale Dóra Büki -, utilizzando tecnologie visive e virtuali, mescolate a musica d’opera e a drammaturgia d’avanguardia. Winterreise è stato fortemente voluto dal nuovo direttore della rassegna friulana, il regista teatrale bosniaco Haris Pašović, che durante l’assedio della sua Sarajevo produsse il memorabile Aspettando Godot di Beckett con la regia di Susan Sontag, e che fondò, sempre sotto le bombe, nel 1995, il Sarajevo Film Festival. Pašović ha tenuto ad avvolgere attorno al prefisso Mittel -, che caratterizza da sempre il festival della cittadina longobarda e che la radice culturale ungherese di Mundruczó rispecchia-, gli aspetti della contemporaneità che trascendono la geografia, guardando all’incendio dei popoli diseredati che dal Mediterraneo premono sull’Europa. «Da tempo mi occupo della gente che vive ai margini della società – precisa Mundruczó -. Il Proton Theatre è una compagnia indipendente, che non gode del supporto dello Stato e che ha limitate possibilità economiche. In qualche modo possiamo definirci anche noi marginali. I miei eroi sono sempre personaggi senza rappresentanza e senza voce. La mia missione è mostrarli, fare in modo che siano ascoltati». Il tramite è Schubert: «La scelta è avvenuta quasi per caso; cercavo una pièce da proporre insieme a Il castello di Barbablù di Béla Bartók, che ho realizzato al Vlaamse Opera teatro ad Anversa in Belgio nel 2014, prima dell’escalation della crisi dei migranti. Mettere Winterreise di Schubert in relazione con Barbablù poteva essere considerato piuttosto bizzarro e, invece, ha funzionato benissimo». Il filo che unisce le due opere è la solitudine umana. Gli immigrati in Winterreise sembrano fermi in un purgatorio senza futuro e vengono proposti in scene di quotidianità che in qualche modo “spengono” le tragiche istantanee degli sbarchi. «Assistere alla vita di ogni giorno degli immigrati è per me molto più drammatico che vederli in situazioni estreme e che di solito ci rimangono impresse per un periodo di tempo breve. In Winterreise ci si immerge nelle condizioni minime esistenziali in cui i profughi sopravvivono, che si protraggono per anni. Credo che questo angolo di visuale sia molto più radicale delle immagini proposte da televisioni, giornali e internet».Nel 2012 Mundruczó ha messo in scena Disgrace , tratto dall’omonimo romanzo del premio Nobel di J. M. Coetzee del 1999, pubblicato in Italia con il titolo di Vergogna (Einaudi, 2000). Il Proton, su musica e testi cantati, racconta dell’africano bianco David Lurie, professore di letteratura all’università di Cape Town, che, caduto in disgrazia nel mondo vacuo ed egoista in cui si è formato, si trova ad affrontare la brutalità e la primitività delle comunità di campagna. A nulla serve la raffinata cultura di cui si è nutrito. «I lavori di Coetzee hanno un grande effetto sulla mia visione del mondo», sottolinea il regista. Questa pièce, come Winterreise è un monito al vecchio continente in declino: «Grazie ai migranti l’Europa dovrà affrontare questioni serie». In questi giorni la vicenda delle navi ong Lifeline e Aquarius, respinte da molti porti, in primis quelli italiani, porta il nostro governo vicino alla politica di esclusione del presidente ungherese Viktor Orbán. «La conseguenza del populismo è la disumanizzazione e mi rende estremamente triste vederne gli esempi moltiplicarsi». Mundruczó ha definito il suo Paese xenofobo e chiuso nelle proprie paure, ma è comunque ottimista. «Ogni tipo di esperienza può avere sviluppi insperati. Perfino un cataclisma può avere effetti positivi. E l’Ungheria è ed è stata sempre una nazione che ama la sua libertà».
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Cristina Battocletti