Berlinale 66: I migranti di Gianfranco Rosi oggi in gara a Berlino. Un monito a Frau Merkel

C’è un solo italiano in gara alla 66esima edizione del Festival del cinema di Berlino, Gianfranco Rosi, molto pericoloso per gli altri concorrenti e non solo per le sue indubbie qualità di regista. Il suo Fuocoammare, oggi proiettato alla rassegna tedesca, parla di immigrazione, un argomento spinosissimo in questo momento per la Germania e la Cancelliera Angela Merkel, che ha messo in discussione più volte negli ultimi mesi la sua politica di accoglienza. Rosi, che nel 2013 ha vinto il Leone d’oro a Venezia con Sacro GRA, si è immerso per oltre un anno nell’isola di Lampedusa, che da due decenni è approdo delle carrette del mare cariche di clandestini. Il regista italiano, nato ad Asmara e con passaporto statunitense – si è trasferito a New York dopo il 1985, diplomandosi presso la New York University Film School -, stava girando sull’isola siciliana, quando i selezionatori della Berlinale lo hanno chiamato per partecipare al concorso. La kermesse tedesca ha sempre dimostrato una grande sensibilità per le questioni politiche: proprio l’anno scorso ha assegnato l’Orso d’oro al regista iraniano Jafar Panahi per Taxi, con una chiara presa di posizione nei confronti delle limitazioni alla libertà di espressione del regime iraniano. Oggi l’attenzione cade su un regista di comprovate capacità, ma anche sul tema degli sbarchi in uno dei punti nevralgici dell’esodo della disperazione.


Negli ultimi mesi la Germania ha oscillato tra il wilkommen (benvenuti) scritto sui cartelli alla stazione e la minaccia di Frau Merkel di sospendere da Schengen i Paesi che non controllano le frontiere esterne dell’area (Grecia in primis). I fatti di Colonia, in cui centinaia di donne nella notte di capodanno sono state oggetto di violenze sessuali da parte di giovani uomini arabi hanno accentuato le contraddizioni. Spedizioni punitive sono state organizzate dall’estrema destra nei campi profughi e la Merkel è corsa in Turchia, promettendo 3 miliardi di aiuti a Erdogan purché trattenga chi fugge dalla Siria. Fuocoammare – che uscirà il 18 febbraio, distribuito da 01 distribution e Istituto Luce-Cinecittà – ha come protagonista Samuele, un lampedusano di 12 anni, la cui normale esistenza di ragazzino, con i giochi di terra, la fionda, la caccia, è mescolata ai fantasmi di chi cerca la salvezza in Europa. La Storia, quella con la esse maiuscola, lambisce la sua esistenza, proprio come il mare. Sul tappeto rosso, fresco delle impronte dei Coen, oggi assieme al regista ci sarà anche il piccolo protagonista Samuele Pucillo, assieme a Pietro Bartolo, uno dei medici che prestano i primi soccorsi, e il dj, Pippo Fragapane, che hanno preso parte alla pellicola. Rosi è abituato ai viaggi tra gli invisibili, dove spende lunghe permanenze. Nel 1993 ha portato al Sundance, rassegna statunitense autoriale e indie per eccellenza, Boatman, ritratti di indigeni e viaggiatori legati al fiume Gange. Nel 2008 arriva Below the sea level: dopo anni passati tra diseredati e homeless in una base militare dismessa a 250 chilometri da Los Angeles e quaranta metri sotto il livello del mare, esce una fotografia esplosiva dei figli di un Dio minore americano, che a Venezia merita i premi “Orizzonti” e “Doc/it”. Nel 2010 con El sicario-Room 164 Rosi riprendele confessioni (è anche contestato, ma si aggiuca il premio Fipresci al Lido) di un pentito del narcotraffico americano, che non lesina uccisioni e torture.

Infine Sacro GRA, panoramica su un campionario sociologico e patologico, umano e ambientale, che si annida sul grande raccordo anulare romano.

Speriamo che la giuria, presieduta da Meryl Streep, con la complicità della giurata Alba Rohrwacher, si faccia trascinare dalla macchina da presa di Rosi, abile a restituire con poesia e senza retorica l’eccezionalità dei suoi soggetti.
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