Sorriso amaro per la (troppo lunga) Coppola. Affascinante la bella di giorno adolescente di Ozon

Sofia Coppola fa il pieno in sala e lascia molta gente fuori a bocca asciutta, nonostante "The bling ring" non sia in concorso. Il film racconta la storia (vera) di un gruppo di adolescenti di Los Angeles, ossessionato dallo showbiz, che ruba nelle case dell star (Paris Hilton in cima a tutte) per avere come feticcio scarpe, borse, gioielli, e vivere di riflesso quel mondo patinato. Coppola è di sua natura ironica e il suo sguardo non convenzionale, soprattutto perché in quel mondo ci è nata e cresciuta e da persona intelligente lo guarda con disincanto. Tuttavia visti i primi tre furti si sarebbe potuto dare un taglio al film, di cui avevamo già capito tutto dopo i primi dieci minuti. Di conseguenza la rassegna stampa è stata piuttosto noiosa, con domande banali, posto che lei è piuttosto laconica nelle risposte

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Bello invece il film di Ozon "Giovane e bella"

Isabelle (Marine Vacht) possiede una bellezza piena e selvatica nei tratti e nello sguardo, ha 17 anni e proviene da una famiglia borghese e colta francese. Ha una madre attenta, ma discreta,  forse troppo. I suoi sono divorziati: lei vive a Parigi con la madre, il fratello e il compagno della madre; il padre, come si capirà più avanti, ha un’altra famiglia in Italia. Frequenta il liceo, senza problemi scolastici o almeno non emergono nel film che la vuole protagonista, “Giovane e bella” di François Ozon, in concorso alla 66esima edizione del festival del cinema di Cannes.

La storia inizia d’estate, quando Isabelle è in vacanza al mare e sembra prendere le misure con la propria sessualità. C’è un ragazzo tedesco che la corteggia e la sua testa sembra esplorare quel sentimento nuovo, assieme al desiderio di capire che cosa sia il piacere, come mostra in maniera pudica la macchina da presa quando la riprende nella sua stanza a masturbarsi. Il regista lo fa attraverso gli occhi del fratellino, che per caso apre la porta della sua stanza, e a cui lei confida le proprie esitazioni e la propria ansia di apparire attraente.

Una paura dissipata dall’invito del ragazzo tedesco a uscire la sera, da un bacio che scatta teneramente tra i due, e da un precipitoso abbandonarsi a fare l’amore, anche perché per Isabelle è la prima volta. Forse è proprio il sesso vissuto in maniera sentimentalmente aliena, meccanica, anche se consenziente (fino a che punto?) a provocare una irreversibile rottura nella ragazza. Mentre i giovani fanno l’amore, Ozon riproduce sullo schermo una Isabelle triste, in piedi, che guarda l’Isabelle distesa a terra. Da allora la ragazza si chiude al mondo, perfino al piccolo, fratello e comincia a vivere una doppia vita, in cui è un’adolescente spinosa con la famiglia, riservata a scuola, e una prostituta che prende appuntamento con i clienti attraverso internet e cellulare.  Cinicamente il suo ingresso verso il mondo adulto diventa una patente che la autorizza fare del proprio corpo ciò che vuole. Ozon mostra Isabelle in una sempre maggiore confidenza con la propria “professione”, negli incontri con le diverse esigenze di uomini, per lo più maturi con una vita rispettabile e sentimentalmente appagata. Lei, inizialmente timida e sprovveduta, diventa pian piano matura protagonista della propria attività, da cui sembra trarre soddisfazione personale ed economica (la sua tariffa fissa è di 300 euro) fino a quando uno dei clienti più affezionati avrà un attacco cardiaco e il suo segreto comincerà a sgretolarsi.

Una “Bella di giorno” in chiave acerba, che a distanza di oltre 40 anni (era il 1967) dalla Catherine Deneuve di Luis Buñuel, spiega la complessità del presente in quattro stagioni della vita e in quattro canzoni, “L’amour d’un garçon”,

 

“ ’A quoi ça sert”, “Première rencontre”, “Je suis moi”, interpretate da Françoise Hardy. I brani accompagnano gli stadi di consapevolezza cui il regista, esploratore del mondo della sessualità, accompagna la protagonista del suo film. Nelle ultime due pellicole soprattutto (è ora nelle sale italiane “Nella casa”) Ozon sembra attratto dalle contraddizioni dell’età della soglia, che sono acuite soprattutto nella nostra epoca. Forse per la mollezza dei genitori, che tendono – come fa la madre di Isabelle – per educazione, desiderio di dialettica, egoismo e comodità a non imporre limiti, a non contrastare l’arbitrio, giusto o sbagliato, dei figli. Forse per l’innarrestabilità del mondo virtuale, che rende possibile qualsiasi esistenza si desideri, a discapito della realtà.

La bellezza e l’equilibrio del film di Ozon sta nell’assoluta mancanza di giudizio con cui il regista racconta una storia scabrosa, e purtroppo per molte vera, che non ha genesi in fratture famigliari, tanto meno nel divorzio dei genitori, cui Isabelle prende atto come un dato di fatto. Isabelle potrebbe essere un personaggio dei giorni nostri di “Gli indifferenti” di Moravia, se non fosse per la passione che prova nel provocare e nel sentire il suo potere sugli uomini.

In ultimo una comparsata di Charlotte Rampling chiude in maniera circolare un film ben raccontato e ben recitato.